Cotti in fragranza. Il riscatto dal Malaspina di Palermo
“Ci definiscono Malacarne, ma noi siamo Buoni di cuore” (Nni ricinu Malacarni, ma niatri siemo bonicori ). Sono 5 ragazzi di Palermo, tra i 20 e i 25 anni, che dopo aver seguito un percorso di formazione graduale, che li ha resi autonomi nel lavoro, dalle 8,30 alle 16,30 di ogni giorno preparano prodotti da forno in un laboratorio di pasticceria e rosticceria.
Durante il periodo di formazione hanno imparato a fare un lavoro artigianale di altissima qualità (le ricette che seguono sono di Giovanni Catalano, uno tra i più noti chef siciliani ): i biscotti per esempio vengono tagliati a mano e messi nello zucchero singolarmente, e di questi viene fatto a mano anche il confezionamento. Tutti gesti di estrema cura, perché l’idea era quella di far fare loro qualcosa a cui si dedicassero con amore e attenzione e non un passatempo automatico, con lo scopo di consegnare loro una professionalità di alto livello.
Lo chef formatore è un ragazzo in sedia a rotelle (è rimasto paralizzato dopo un incidente stradale avuto 4 anni fa). Si chiama Nicola Cinà e sta tutto il giorno insieme ai ragazzi.
La prima volta che li ha incontrati era il giorno del terzo anniversario del suo incidente, e ha detto loro: «Io non sono bravo con le parole, né posso parlare da un pulpito (visto che sto seduto tutto il giorno), posso solo dirvi che se io ce l’ho fatta ce la potete fare anche voi».
Nicola, per ogni membro della cooperativa Rigenerazioni, è un esempio di forza e di positività. Con Nicola i ragazzi parlano di loro stessi e ci scherzano sempre (lo fanno impennare sulla sedia a rotelle, mi raccontano).
L’azienda è piccolissima, e sinora ha lavorato soprattutto nel periodo natalizio. Lavora anche con i ristoranti e le aziende che richiedono i biscotti per i doni natalizi ai dipendenti. Da pochissimo ha stretto un accordo con una casa vinicola che produce Zibibbo, che metterà i biscotti nelle confezioni di vino; e poi coffee break, convegni, e gazebo per manifestazioni e fiere, continuano ad essere i luoghi dove vende i suoi prodotti.
Il progetto si chiama “Cotti in Fragranza” e nasce nel gennaio 2016. La preparazione dell’idea imprenditoriale è di Lucia Lauro e Nadia Lodato (coordinatrici del progetto), insieme ad un gruppo di ragazzi selezionati all’interno del Carcere Minorile Malaspina di Palermo.
Cotti in Fragranza ha avuto una gestazione di 2 anni, poiché c’era la necessità di reperire i fondi necessari per avviarlo; ma il direttore del carcere, Michelangelo Capitano (tra gli ideatori), ci ha creduto fortemente e si è impegnato per la sua realizzazione. Le attrezzature sono state acquistate grazie ad una donazione della Fondazione San Zeno. L’Associazione nazionale magistrati ha donato il forno, mentre la ristrutturazione dei locali adibiti a laboratorio è stata possibile grazie al sostegno dell‘Istituto Don Calabria.
Cotti in Fragranza nasce per creare un’opportunità di lavoro e non solo per fare formazione. Il laboratorio si trova all’esterno del carcere per dare l’occasione ai ragazzi di continuare a lavorare, anche quando passano dalla detenzione all’affidamento o alla semilibertà. Con uno di loro che è stato trasferito dal carcere minorile, perché aveva ormai superato il limite d’età, e che finirà di scontare la pena in estate, la cooperativa ha firmato un impegnativa di assunzione; e quando sarà libero potrà continuare a lavorare in laboratorio. Un altro dei ragazzi andrà in affidamento a breve, e anche per lui il lavoro in laboratorio continuerà.
Di fatto ognuno di loro fa parte della cooperativa, anche se la formalizzazione sarà possibile solo a libertà effettiva. I ragazzi percepiscono uno stipendio che viene versato all’Istituto penitenziario, che a sua volta lo gira sui loro contocorrenti.
Il lavoro viene svolto da tutti (membri della cooperativa e “ospiti del Malaspina”) in maniera corale ed orizzontale. Scelgono e decidono insieme ogni passo della gestione del laboratorio, dal prodotto al menù, alla gestione degli introiti.
All’inizio è stata dura – ci racconta Lucia, una delle coordinatrici – perché i ragazzi non erano abituati ad essere coinvolti, o ad essere responsabili e autonomi, né a fare parte di un gruppo dove tutti sono considerati ugualmente liberi di dire la propria. Erano diffidenti, non pensavo possibile che qualcuno facesse qualcosa con loro e per loro. Trasmettere questo messaggio è stato difficile, ma il passaggio dalla diffidenza alla fiducia è stato graduale e naturale.
«Lo scorso Natale abbiamo avuto tantissime richieste – racconta -, in alcune settimane abbiamo dovuto produrre fino a 100 kg di biscotti al giorno. Era una sfida, in cui tutti abbiamo lavorato insieme per un unico scopo: credo che questo abbia contribuito. Certi giorni pur di arrivare in tempo per finire il lavoro (perché loro devono rientrare in carcere alle 18,00) correvano senza risparmiarsi per potercela fare: e noi li aiutavamo, anche facendo le pulizie dopo la chiusura. Ecco, questo ha mostrato loro che non sono diversi, che esiste un “essere insieme, un fare insieme”, e le cose funzionano se si fanno insieme. Ora abbiamo una relazione di cura reciproca, di affetto e di amicizia».
I ragazzi del Malaspina, dopo aver dimostrato che sono Buonicore (nome che hanno dato ad uno dei loro prodotti), hanno fatto largo ad un desiderio di riscattochiamando i biscotti nati da poco “Parra Picca” (parla poco): un messaggio a chi non credeva possibile questo successo, una riflessione “dolce”, per invitare a non giudicare, perché dentro ad ogni Malacarne può esserci un Buonocuore.