Costruire ponti di amicizia

La vocazione della diplomazia. L'abbraccio del mondo nel messaggio del papa al corpo diplomatico. La messa con netturbini e giardinieri
Netturbini e papa

In questi giorni da una fonte del Vaticano mi era stato preannunciato di prestare una particolare attenzione al messaggio che Papa Francesco avrebbe indirizzato al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. In effetti, l’appuntamento anche con questo intervento del nuovo vescovo di Roma è stato, come ormai ci ha abituato, breve, lineare, chiaro e coerente alla linea intrapresa in questi dieci giorni di pontificato.

Bergoglio, infatti, ha colto questa occasione per ‘abbracciare il mondo’, presente nei rappresentanti dei vari Paesi che intrattengono rapporti diplomatici con la Santa Sede. Un abbraccio ideale, certo, ma immagine efficace di quel dizionario di normalità e immediatezza a cui ci sta abituando questo pontificato. Un atto con cui Francesco ha espresso il suo desiderio d’incontro coi popoli, e con la possibilità di “raggiungere – ha affermato – ciascuno dei vostri concittadini, con le sue gioie, i suoi drammi, le sue attese, i suoi desideri”.

Papa Francesco ha messo in evidenza quanto le relazioni diplomatiche rappresentino un bene per l’umanità se intrattenute nella giusta prospettiva. E la chiave sta anche questa volta nella categoria dell’amicizia, che, già due giorni fa, aveva proposto ai rappresentanti delle Chiese e comunità ecclesiali e delle grandi tradizioni religiose come via maestra di dialogo. “Il Vescovo di Roma inizia il suo ministero, sapendo di poter contare sull’amicizia e sull’affetto dei Paesi che voi rappresentate”, ha sottolineato il papa.

Non poteva mancare un riferimento a Francesco, quel nome scelto a sorpresa, ma che si sta rivelando portatore di una linea pastorale precisa. Questa volta, di fronte ai protagonisti della diplomazia, papa Bergoglio ha spiegato che la scelta del nome è legata alla dimensione universale del santo di Assisi, “una personalità che è ben nota al di là dei confini dell’Italia e dell’Europa e anche tra coloro che non professano la fede cattolica”.

Soprattutto però è l’amore per  poveri che ha distinto il santo e che permette al papa proveniente dal sud-America di costringere tutti ad una riflessione: “quanti poveri ci sono ancora nel mondo! E quanta sofferenza incontrano queste persone!” Chiaro, dunque, il riferimento al problema dell’indigenza a cui aveva richiamato, qualche giorno fa, la Chiesa intera con quel “Oh come vorrei una Chiesa povera”, una frase che non è sfuggita e non ha lasciato indifferente nessuno. La seconda grande povertà che papa Francesco ricorda è quella spirituale, particolarmente presente nel mondo d’oggi e che Benedetto XVI – chiamato con affetto e stima “predecessore caro e venerato” – ha definito come “dittatura del relativismo”.

La conversazione con la diplomazia offre, comunque, a papa Francesco un’occasione unica per una spiegazione ampia e profonda del nome scelto. La pace, infatti, rappresenta un nodo centrale della vita del ‘poverello d’Assisi’. “Francesco d’Assisi ci dice: lavorate per edificare la pace!” Non è, tuttavia, possibile una pace vera, a prescindere dalla verità e pensando solamente al “proprio diritto, senza curarsi allo stesso tempo del bene degli altri”.

Tuttavia, il nuovo vescovo di Roma non si è limitato ad una spiegazione del nome scelto in occasione della elezione, ma anche di quello millenario di ‘pontefice’, che riveste una importanza particolare, proprio di fronte ad agenti della diplomazia, perché chiama il vescovo di Roma ad essere costruttore di ponti (pontifex- colui che costruisce ponti). Qui l’invito di Bergoglio si fa chiaro: “Desidero proprio che il dialogo tra noi aiuti a costruire ponti fra tutti gli uomini, così che ognuno possa trovare nell’altro non un nemico, non un concorrente, ma un fratello da accogliere ed abbracciare!” Un’esperienza che il papa argentino ha vissuto sulla propria pelle, riconoscendo che, per le origine italiane della famiglia;“è sempre vivo questo dialogo tra luoghi e culture fra loro distanti, tra un capo del mondo e l’altro, oggi sempre più vicini, interdipendenti, bisognosi di incontrarsi e di creare spazi reali di autentica fraternità”.

Nelle questioni del bene comune, della povertà da debellare e dei rapporti fra culture, resta nodale il ruolo della religione perché i ponti fra gli esseri umani si possono costruire solo se non si dimentica Dio. “Ma vale anche il contrario: non si possono vivere legami veri con Dio, ignorando gli altri”. Per questo papa Francesco ha incoraggiato a “intensificare il dialogo fra le varie religioni” ed in particolare quello con l’islam, senza dimenticare “il confronto con i non credenti”. Il mondo che il papa auspica di vedere è quello in cui “non prevalgano mai le differenze che separano e feriscono, ma, pur nella diversità, vinca il desiderio di costruire legami veri di amicizia tra tutti i popoli”.

Si chiude con questo intervento la serie dei discorsi di inizio pontificato: quello ai cardinali l’indomani della sua elezione, seguito dall’omelia in occasione della messa di inizio del pontificato, celebrata nel giorno della ricorrenza di S. Giuseppe, e i saluti ai rappresentanti delle Chiese sorelle e Comunità ecclesiali e fedeli di altre tradizioni religiose. Sono apparsi termini nuovi: amicizia, tenerezza, costruire ponti, che aiutano a intravedere la mappa di questo papato che si preannuncia in piena continuità con quello dei predecessori, ma che, al tempo stesso, ha una sua specificità che ha subito attirato simpatia e fiducia in questo uomo venuto dall’altra parte del mondo a guidare la Chiesa universale.

Con i suoi interventi e gesti, papa Francesco rivela particolare attenzione al creato, alla cura degli ultimi, all’apertura verso tutti coloro che sono diversi da noi per cultura e fede religiosa. L’invito è quello di costruire ponti per arrivare alla realizzazione del vero bene comune. Soprattutto, continua a farlo lui stesso i prima persona. Non è marginale il fatto che nella stessa giornata dell’incontro con il mondo della diplomazia ha voluto celebrare la messa per  netturbini e giardinieri del Vaticano, sedendosi, poi, nelle ultime sedie con loro per alcuni minuti di preghiere.

Quell’uomo vestito di bianco fra coloro che vestono in livrea o fra quelli che hanno tute di lavoro si pone davvero come ponte di dialogo e di umanità.

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