Costruendo reti di comunione
Dare un'anima nuova agli organismi di comunione si può. A partire da semplici iniziative. L'impegno di una religiosa nell'USMI della diocesi di Tortona.
Mi chiamo Anna Maria e sono una Figlia di Maria Ausiliatrice. Ho conosciuto la spiritualità dell’unità nel 1975. Sono responsabile della comunità di Nizza Monferrato, in provincia di Alessandria, dove mi sono trasferita da Tortona alla fine di agosto.
A Tortona
Quando arrivai a Tortona, quattro anni fa, avevo in cuore un grande desiderio: costruire reti di comunione. In primo luogo ho cercato di conoscere l’ambiente, di capire i bisogni, le urgenze della gente e di sapere quali congregazioni erano presenti sul territorio. Un raduno organizzato dall’USMI diocesana era l’occasione buona. Mi sembrava normale, terminato l’incontro col vescovo, fermarsi per scambiare due parole, vivere un momento di fraternità insieme. Invece, tutte siamo andate via come eravamo arrivate… ognuna aveva i propri impegni.
In cuore avvertivo forte l’urgenza di vivere quanto Chiara mi aveva sempre insegnato: “Amare la congregazione dell’altra come la propria”, perché solo l’amore può sciogliere le diffidenze, rendere liberi i rapporti, farci godere dei doni della comunione.Bisognava iniziare, ma da dove? Dal gareggiare nella stima vicendevole vivendo l’arte di amare. Così incominciai a fare una piccolissima cosa: salutare con gioia e simpatia le religiose che incontravo. Ricordo a una festa della Madonna della Guardia il saluto gioioso e la sorpresa sul volto di alcune suore.
Quando nell’assemblea elettiva dell’USMI mi venne chiesto di far parte della segreteria, accettai, anche se gli impegni erano già molti, perché avevo una gran voglia di rendere attuali le parole di Giovanni Paolo II: “Portate negli ambienti dove vivete la spiritualità della comunione”.
Quella segreteria USMI era composta da cinque religiose di cinque congregazioni diverse. Sentii subito il desiderio di conoscere in modo approfondito i loro fondatori e chiesi a una religiosa, di cui non conoscevo nulla, di poter avere dei libri sulla sua congregazione.
Grande fu la sua sorpresa, e la gioia, quando le dissi che il loro saluto era uguale al mio: “Viva Gesù”. Quando ci incontravamo e ci salutavamo con “Viva Gesù”, avvertivo che una nuova corrente d’amore invadeva il nostro cuore.
Insieme cercammo un modo nuovo di coinvolgere le religiose: ci sembrava importante costruire rapporti personali, per conoscere più profondamente le varie comunità. Ci proponemmo di visitarle, con l’impegno di far circolare tra i diversi ordini l’amore, ascoltando, incoraggiando e valorizzando il carisma di ciascuna come dono alla Chiesa.
Tutte ci accolsero con entusiasmo: con alcune abbiamo vissuto un momento di fraternità con la comunità; altre ci hanno offerto i libri del loro fondatore, perché potessimo conoscerlo meglio. Alla sera comunicavo alla mia comunità l’esperienza vissuta, il positivo che avevo incontrato e le caratteristiche dei vari istituti. È così cresciuta all’interno della mia comunità la stima e il rispetto per la ricchezza dei vari carismi.
Un ritiro speciale
All’inizio dell’avvento era in programma il ritiro delle religiose dell’USMI con lo scambio di auguri. Insieme con la delegata pensammo di offrire alle religiose presenti un dono: il dado dell’amore. È un dado, pensato da Chiara Lubich per i gen4, i bambini del Movimento dei Focolari, sulle cui facce è descritta l’arte di amare. Tutte le mattine lo lanciano e si impegnano a vivere durante la giornata la frase che è uscita: amare tutti, amare per primi, amare Gesù nell’altro, amare il nemico, farsi uno con l’altro, amarsi a vicenda.
Siccome mancavano i fondi per acquistarlo, decidemmo di costruirlo. Per due sere nella mia comunità, durante il momento di fraternità, ci fu un gran lavoro e un grande entusiasmo: chi ritagliava, chi piegava, chi incollava. Alla fine costruimmo un’ottantina di dadi.
Quel giorno il vescovo nella meditazione trattò il tema della necessità di volersi bene in comunità. Al termine mi venne spontaneo offrire il dado anche a lui, facendogli presente che riassumeva quello che ci aveva invitato a vivere. Il vescovo fu felicissimo. Come le religiose che promisero di vivere l’arte di amare in comunità.
Conoscendoci sempre di più, tra noi religiose crebbe la stima e l’apprezzamento reciproco, si vide una maggiore partecipazione alla vita delle varie comunità e una maggior presenza agli incontri USMI.
Anche la collaborazione tra le scuole cattoliche migliorò: ci si incontrava per organizzare iniziative comuni, per fare proposte agli enti pubblici del territorio e non si aveva timore di indirizzare le famiglie per le iscrizioni alle diverse scuole.
Vivevamo una bella armonia e non esisteva più la “tua” o la “mia” scuola, ma le “nostre” scuole, dove condividevamo le gioie, le preoccupazioni e i successi.
Però, appena iniziato questo bel cammino di collaborazione e di stima vicendevole, il Signore mi ha chiamata a lasciare tutto per una nuova missione.
Nel saluto ho sentito il dolore per il distacco, ma anche la certezza, come diceva Chiara, che “ogni perdita è un guadagno, ogni vuoto una pienezza, ogni solitudine richiama l’Amico per eccellenza: Gesù”. Ciò che abbiamo costruito rimane, perché è da Dio.