Così si edifica la comunità cristiana
Infine, anche nell’incontro con persone di convinzioni e culture diverse, la Parola ci ha sottolineato tutti quegli aspetti di Gesù-Uomo che, condividendo ogni sofferenza dell’umanità, ci invita a collaborare tutti insieme per portarle sollievo.
Grati a Dio di questi frutti, quali conseguenze pratiche trarne nell’impegno verso la “nuova evangelizzazione”?
Abbiamo parlato, all’inizio, di una cantina buia in cui anche oggi ci troviamo: è questa cantina che vorremmo illuminare con la luce del Vangelo.
È vero che nel movimento ogni mese è già scandito da una Parola di vita. Ma chiediamoci: sperimentiamo oggi gli stessi effetti dei primi tempi?
Anche se diffondiamo ogni mese la Parola di vita in tutto il mondo e la traduciamo in molte lingue, siamo certi che nasce dovunque, così come allora, una comunità viva di persone?
O forse la Parola serve semplicemente – ci interpella Chiara – «come un qualche balsamo per le nostre anime, per consolarle, incoraggiarle, per giustificare le nostre coscienze, facendoci ripiegare così in una ben povera e languida spiritualità individuale, che poi non è neppure tale?» (1).
Non dovremmo vivere noi stessi la Parola di Dio con tale radicalità che – dice ancora Chiara – «essa spezzi il nostro io, annienti il nostro egoismo, ci inchiodi con Cristo in croce in maniera tale che non più noi viviamo in noi, ma la Parola, che è lui, viva in noi? Ed essa, che sola lo può, edifichi attorno a noi la comunità?» (2).
Come fare? Da dove ricominciare? Direi proprio dal vivere la Parola, attimo dopo attimo.
Prima di qualsiasi attività del movimento, prima delle grandi manifestazioni, prima di andare in ufficio o di affrontare un viaggio pur finalizzato ad incontrare le nostre comunità…, siamo chiamati, o ri-chiamati, ad avere in mano, nella mente e nella volontà solo il Vangelo. La Parola deve essere per noi il nostro abito: «come il vestito che ogni giorno indossiamo» (3).
È solo vestiti di Vangelo che possiamo rispondere al dramma della nostra epoca che – come affermava già Paolo VI – consiste proprio nella «rottura tra Vangelo e cultura» e che ci chiama fortemente, tutti insieme, a dare un nuovo annuncio del Vangelo al mondo.
Come fare?
Il movimento è ormai presente in quasi tutte le nazioni della terra: dobbiamo ora avere il coraggio di non chiuderci in una posizione passiva o di difesa, ma di aprirci ai fratelli, donando il Vangelo a quanti ancora non lo conoscono o che, pur avendolo conosciuto, se ne sono allontanati o l’hanno dimenticato.
La Parola – ci ricorda la Verbum Domini – ci coinvolge «non soltanto come destinatari della Rivelazione divina, ma anche come suoi annunciatori. […] Lo Spirito del Risorto abilita la nostra vita all’annuncio efficace della Parola in tutto il mondo. È l’esperienza della prima comunità cristiana, che vedeva il diffondersi della Parola mediante la predicazione e la testimonianza (cf At 6, 7)» (4).
(continua)
- Cf. C. Lubich, Santi insieme, Città Nuova, pp. 55-58; 2) ibid.; 3) cf. C. Lubich, Essere tua Parola, Città Nuova, p. 70; 4) Benedetto XVI, Verbum Domini, 91.