Così si è formato uomo
Come si è svolta la vita, quali i pensieri, le domande e la crescita di Gesù a Nazaret, prima di iniziare la sua predicazione pubblica? Da sempre c’è stato chi si è posta una domanda del genere, nel desiderio di colmare la lacuna lasciata dagli evangelisti o dalla tradizione. Dai Vangeli apocrifi alle varie biografie antiche e moderne di Cristo, fino alle recenti trasposizioni per il grande piccolo schermo, le risposte sono state innumerevoli. Ebbene, dopo aver letto Il ragazzo di Nazaret, di Mario Aldighieri, Giuseppe Maria Gesù, di Lucien Deiss – due recenti pubblicazioni sull’argomento, che nella loro diversità si integrano a vicenda -, si ha l’impressione di aver fatto una incursione “reale” nel mondo e negli anni che prepararono l’uscita a vita pubblica del Nazareno; soprattutto ci si ritrova con l’anima appagata. Perché oltre ad essere esemplari sotto l’aspetto scientifico, questi libri – si avverte – sono stati redatti con amore, con l’umiltà di chi sa di porsi davanti ad un grande mistero, e “in un quadro di gioia e di stupore”. Ed è proprio in questa dimensione che è possibile “vedere” più lontano. Ne sono autori due sacerdoti, fra l’altro pure poeti (l’Aldighieri, prete della diocesi di Cremona, ha pubblicato anche alcune opere poetiche; mentre il Deiss, della congregazione dello Spirito Santo, con i suoi inni e cantici che hanno fatto il giro del mondo, è considerato uno dei pionieri del rinnovamento biblico e liturgico, soprattutto in Francia), quasi che la “vita nascosta” di Gesù dischiuda un po’ il suo mistero solo a chi ha dimestichezza con la poesia e la bellezza. Una scoperta che si fa leggendo, è quanto le parabole, i proverbi, le immagini usate da Gesù siano riconducibili all’ambiente in cui egli crebbe, alle esperienze vissute con Giuseppe e Maria. Sicché, a guardar bene, non poco di ciò che i Vangeli narrano della sua vita pubblica aiuta a gettar luce sugli anni fondamentali di Nazaret. Una lettura che è stimolo, come si augurano anche gli autori, a far scoprire Gesù incarnazione dell’amore di Dio verso l’umanità sofferente e nello splendore di una umanità che “rivela, come in uno specchio, la bellezza di quella di Giuseppe e di Maria”. LA NATURA SPIEGA IL REGNO Mai uomo fu più Figlio di Dio, mai Figlio di Dio fu più vicino alla creazione. Nessuna religione è più spirituale di quella che egli annuncia, nessuna trascende talmente le realtà terrestri, anche le più preziose, nessuna s’iscrive maggiormente nel più profondo del cuore dell’uomo. Ma nello stesso tempo nessuna religione è più vicina alle realtà della terra. Nel Vangelo di Gesù, nessuna esposizione di sublime teologia, nessun discorso sapienziale come ne distillano quasi tutte le religioni antiche (pensiamo ai tesori mistici dell’India e della Cina). Ma realtà veramente semplici: un piccolo seme di senapa nella mano di Giuseppe, un po’ di lievito nella mano di Maria, una gallina e i suoi pulcini, passeri, colombe, piccoli corvi, bambini che giocano per la strada, nubi che corrono nel cielo, la brezza della sera che smorza la calura della giornata, i gigli dei campi splendenti di colori, il frumento che germoglia, la zizzania nei terreni seminati a grano, le pecore, le capre e i lupi, la vite, il fico, l’olio che lenisce il dolore delle piaghe, le montagne che offrono rifugi per la preghiera, in breve tutta la campagna della Galilea sorge davanti ai nostri occhi nella sua maestosa semplicità, sembra prendere la parola e, attraverso la bocca di Gesù, c’insegna il Regno dei cieli. (Da: Lucien Deiss, Giuseppe Maria Gesù, San Paolo, pp. 170, euro 10,33). ALTRE NAZARET NEL MONDO Dinanzi a lui il deserto e il Giordano: non era là che avrebbe iniziato, né era là che avrebbe terminato. Il deserto era un bellissimo richiamo, era il luogo dell’infinita solitudine in contemplazione, ma per lui era solo un momento. Il luogo vero era la strada, andare di villaggio in villaggio in mezzo alla sua gente per annunciare la buona notizia. Dinanzi a lui il convento degli esseni, luogo di preghiera rituale e di vita comunitaria in attesa del messia apocalittico. Non era là la sua vocazione. Non sarebbe stato monaco in attesa dell’evento finale, lontano da tutto e da tutti, ma il monaco del Padre tra la gente, soffrendo e pregando per loro e annunciando l'”oggi” di Dio. Dietro a lui Gerusalemme e il Tempio. Sì, sarebbe arrivato là, ma non subito, non per fare del Tempio la sua casa, né di Gerusalemme, che pure amava intensamente, la sua patria. Sarebbe arrivato alla fine, quando, giunta l’ora definitiva, avrebbe donato la vita per i suoi e rimesso nelle mani del Padre lo Spirito. Lontano, Nazaret, luogo amato, dove sarebbe sì tornato per rivedere la madre, per raccogliere i primi discepoli, ma senza rimanervi più. Patria da cui partire per far nascere altre Nazaret, non quella dei suoi concittadini che già sapeva non lo avrebbero capito, le Nazaret, le piccole comunità di fede e di amore, sparse nel mondo, luogo della Parola e della Pasqua, lievito della fraternità e della pace. (Da: Mario Aldighieri, Il ragazzo di Nazaret, Il Segno dei Gabrielli Ed., pp. 88, euro 7,75)