Cos’è il sikhismo
Èuna delle religioni più recenti nella mappa mondiale; la sua nascita è infatti avvenuta attorno alla fine del XV secolo. Lo sfondo su cui sorge è lo stato del Punjab, nell’India nordoccidentale, dove l’impero Moghul aveva ormai allungato il suo potere, cancellando (dove aveva potuto) e fondendosi (dove ne era stato costretto) con la esistente cultura locale indù. L’incontro- scontro fra i due mondi, islamico e indù appunto, se da un lato avrebbe dato vita a cultura, pensiero, lingua e arte di rara bellezza – basti pensare al celeberrimo Taj Mahal di Agra -, dall’altro aveva mietuto e continuava a mietere vittime. L’induismo poi, sia pure privo dei toni violenti di certo Islam militante, aveva dal canto suo disegnato una mappa di divisioni sociali codificate dal sistema delle caste. È in questo contesto che nasce Guru Nanak, padre fondatore dei sikh. Sia pure indù, ancora ragazzino rifiuta il “sacro filo” che introduce nella pubertà e quindi nella vita adulta. Pochi anni dopo, ancora giovane, mentre si bagna in un fiume vicino al suo villaggio, sparisce misteriosamente per riapparire dopo tre giorni con un messaggio sconvolgente. “Non c’è né indù né mussulmano, perché Dio non è né indù né mussulmano “, proclama a tutti. E successivamente confida: “Sono stato alla corte di Dio che ora mi manda, come suo menestrello ad annunciare quanto ho visto”. Da quel momento Nanak, sposato con due figli, intraprende numerosi viaggi, raggiungendo Sri Lanka e Tibet, La Mecca e Afghanistan, predicando l’uguaglianza e la fraternità fra tutti gli uomini. Non solo non ci devono essere discriminazioni fra religioni diverse, ma anche fra seguaci della stessa fede. È impensabile che Dio, che è padre, abbia creato persone di caste diverse. Egli è presente in ogni uomo ed il fine della vita di ogni essere umano è di riunirsi a lui. Migliaia di persone lo seguono. Nanak predica che la religione aiuta a vivere “da puri nel mondo fatto di sozzura”. Egli, guru, porta una luce nuova illuminando le tenebre, gli altri sono i sikh, “i seguaci” nella lingua locale. Poco prima di morire Nanak nomina Angad, uno dei suoi discepoli, suo erede spirituale. Da Angad in poi il processo continuerà per quasi cento anni, fino a Guru Gobind Singh, il decimo nella successione che, vedendo la religione ormai ben avviata, comprende che la gente non ha più bisogno di un leader spirituale. Nel 1708, alla vigilia della morte, affida dunque il compito di essere un guru immortale al Granth Sahib, il libro sacro. Sarà questo testo, che raccoglie in 1.430 pagine i 5.930 versi di preghiere e poesie dei dieci guru fondatori, a mostrare a tutti i fedeli Ravindra Chheda sikh la luce che viene da Dio e a metterli in contatto con il creatore. È la parola di Dio che si rende presente in queste pagine. L’Akal (immortale) granth (libro) sahib (signore) è quindi venerato (non adorato) nel Tempio d’oro di Amritsar, la città santa. e in tutti i gurudwara (templi) del mondo. Fra gli impegni che i sikh prendono, c’è il mantenimento delle cosiddette “cinque kappa” (kara, un braccialetto al polso destro; kirpan, uno stiletto sul fianco sinistro; kenga, un pettine infilato tra i capelli; kesh, capelli che non vengono mai tagliati; e kach, pantaloni alla zuava per uomini). Un sikh osservante si impegna inoltre a non fumare, a non consumare alcolici e alcun tipo di droga. Il rapporto fra uomo e donna è di assoluta uguaglianza. Non esiste un clero, in quanto la fede deve essere vissuta nel quotidiano e nella famiglia, per acquistare meriti per il mukhti, la liberazione finale dell’anima dalla serie delle reincarnazioni. In tale liberazioni coincide l’unione con Dio ed il fine ultimo dell’uomo. Pur fedeli al messaggio di pace e tolleranza predicato da Nanak e dai suoi successori, i sikh hanno subito numerose persecuzioni ed hanno quindi imparato a difendersi. Molti sono stati i loro martiri. Da qui la loro fama di guerrieri, anche se fondamentalmente i seguaci del sikkhismo rimangono gente di pace. In India sono concentrati nello stato del Punjab. Ormai sparsi per il mondo, sono soprattutto presenti in Canada, negli Usa, in Inghilterra, in Kenya, in Thailandia… La comunità ha continuato a soffrire fino alla recente traumatica esperienza della “Operazione stella azzurra”, lanciata dall’allora primo ministro Indira Gandhi contro un gruppo di terroristi che si erano asserragliati all’interno del Tempio d’oro e che mirava alla creazione del Khalisthan (uno stato sikh indipendente). Una volta sfuggita di mano la situazione, le cannonate e le mitragliate dell’esercito furono l’unica soluzione. Il Tempio d’oro rimase intatto, ma varie parti della zona sacra furono danneggiate o distrutte. La ferita più grossa, però, fu quella che si aprì nel cuore dei sikh di tutto il mondo, nel vedere la loro “San Pietro” profanata. Oggi il Tempio d’oro, con il complesso circostante, è stato del tutto ridato alla sua sacralità. Amritsar, il cui nome significa “lago di nettare”, resta il centro spirituale dei venti milioni di sikh presenti nel mondo.