Cosa vogliamo di più dalla vita?
Ricchi e felici. È questa la promessa che il piccolo villaggio cinese di Huaxi ha fatto ai suoi abitanti circa quarant’anni fa.
Ricchi e felici. È questa la promessa che il piccolo villaggio cinese di Huaxi ha fatto ai suoi abitanti circa quarant’anni fa. Oggi di fatto questo villaggio è divenuto – così si racconta con qualche enfasi nelle cronache e nelle leggende mediatiche – il più ricco di tutta la Cina. Le immagini ci portano direttamente sul set di una fiction hollywoodiana.
Tutti gli abitanti del villaggio hanno un lavoro, una casa, una o più auto di lusso, dall’Audi alla Bmw, dalla Mercedes alla Cadillac. Tutti possono disporre di una villa autonoma di almeno 400 mq, con un grande giardino, saloni di gusto orientale con giganteschi televisori al plasma, faraonici bagni e palestre con tapis roulant.
Tutti i membri della comunità sono anche azionisti di una holding locale, che controlla circa 60 imprese industriali locali, cotonifici, stabilimenti tessili, acciaierie. Un’impresa che sull’onda lunga del boom economico ha incrementato in maniera esponenziale i propri profitti potendo garantire ogni anno agli abitanti, oltre che buoni salari, ingenti bonus e dividendi.
Così, il più piccolo dei villaggi agricoli, povero e destinato a scomparire, oggi è divenuto la perfetta sintesi di comunismo alla cinese e capitalismo, meta turistica tra le più ambite.
Ma. «Ma nessuno può andarsene dal villaggio». È stato questo piccolo dettaglio a suscitare la mia attenzione, mentre leggevo del miracolo di Huaxi. Nessuno può andarsene? Certo, è consentito allontanarsene per il tempo di un viaggio, ma non si può lasciare Huaxi per trasferirsi altrove.
Un dettaglio illuminante che ci induce a pensare. In quel villaggio c’è tutto ma non la libertà e avere tutto, disporre di beni non potrà mai compensare il diritto fondamentale di muoversi, di cambiare luogo di vita. Senza la possibilità (anche solo teorica) di poter andare via, ogni ricchezza appare privata della sua componente essenziale. Perché ogni aspetto dell’esistenza, si nutre di cambiamento, di volontà, di possibilità di scegliere.
Libertà di andarsene da un Paese troppo ricco, in cerca di una libertà perduta. Libertà di poter cambiare Paese perché ti sei innamorato di una donna lontana o di una cultura e una lingua diversa dalla tua. Libertà di potersi spostare da un Paese troppo povero, quando non viene consentito un futuro dignitoso per sé e per i propri figli. Libertà di potersi spogliare di quegli oggetti che ci cullano e ci vezzeggiano confinandoci nel nostro privato, come dentro un piccolo mondo di “reclusi volontari”, dove le mura sono edificate dalle abitudini, le sbarre sono forgiate dalla paura dello sconosciuto.
E allora come facciamo a fuggire dalle nostre Huaxi?