A cosa serve sognare?
Sognare è un’attività impegnativa per il nostro cervello. Sia che lo facciamo da svegli sia che lo facciamo da dormienti, al sogno si lega un correlato emotivo. Ci svegliamo con le emozioni suscitate dal sogno ancora addosso, frammenti di esso possono accompagnarci durante la giornata, ma anche quando ci prefiguriamo qualche scena ad occhi aperti su come pensiamo, temiamo o desideriamo che andrà una determinata situazione le emozioni ci accompagnano ed orientano la scena. Ad occhi chiusi o aperti il sogno dice molto di noi. Se nel sogno da svegli la mente può orientare la scena, nel sogno notturno questo non avviene.
Cosa sappiamo oggi del sogno notturno?
Non esiste una definizione univoca del sogno nella sua funzionalità. Una tesi sufficientemente accreditata vede il sogno come un processo simbolico di elaborazione, interpretazione e riorganizzazione in una sequenza narrativa del materiale accumulato nella memoria durante la veglia.
La struttura e la logica in esso utilizzate non hanno nulla della logica cosciente che noi vorremmo usare per dare senso alla sequenza di immagini, simbolismi ed emozioni che ad esso appartengono. Ecco perché per comprendere un sogno dovremmo abbandonare la nostra usuale struttura di pensiero e tenere in conto che esso parla per immagini ed emozioni prese a prestito per significare altro.
A livello strutturale possiamo in esso riconoscere un contenuto manifesto, le immagini, ed un contenuto latente, il simbolismo che va svelato. A livello logico possiamo invece differenziarlo in sogno sensato e comprensibile che la persona può riconosce come espressione di una parte di sè; sogno che ha una coerenza ma il cui senso non è accettabile dalla persona, anzi le crea turbamento; sogni senza senso e incomprensibili in cui il simbolismo è massiccio. È in quest’ultimo tipo di sogno che la nostra censura interna interviene e ci fa vedere come mostro ciò che mostro non è.
Il sogno nella psicologia della Gestalt
Una teoria a mio avviso molto convincente della funzione del sogno ci viene offerta da Fritz Perls, esistenzialista, padre della psicologia della Gestalt. Egli vede nel sogno una grande risorsa per l’individuo: la possibilità di svelare quelle défaillance nella crescita della persona che chiedono di essere riconosciute e non più negate, affinché l’individuo ne diventi responsabile e possa fare un passo evolutivo nella direzione di una sua migliore autorealizzazione.
Il sogno sarebbe per Perls portatore di un messaggio esistenziale su quel che manca alla nostra vita, su quello che attualmente stiamo evitando di vivere e di affrontare. Più la persona si difende da questi input ,ad esempio perché non è ancora pronta a fare questo passaggio evolutivo che una parte di sé comincia a presagire, più il contenuto del sogno sarà latente e trasformato in materiale incomprensibile. È il modo che la nostra psiche trova per lanciare un segnale senza urtare la nostra sensibilità e offrendoci il tempo di familiarizzare con l’argomento. In questo senso si spiegano i sogni ripetuti che molto spesso prendono l’aspetto di incubi.
È vero che sogniamo ogni notte? Si, è vero, anche se non lo ricordiamo. I ricercatori hanno scoperto che l’attività cerebrale durante il sonno si divide in due fasi: non Rem e Rem, rispettivamente di sonno che da leggero si trasforma in profondo e di sonno paradosso, così definito poiché l’attività cerebrale è simile a quella della persona da sveglia. È in questa fase Rem che avviene il sogno.
Perché non sempre ricordiamo cosa abbiamo sognato? Se quando ci svegliamo siamo nella fase Rem abbiamo una probabilità molto elevata di ricordare il sogno rispetto a quando ci svegliamo durante la fase non Rem. Ricordare o meno il sogno può avere anche a che fare con due aspetti. Le modalità di risveglio lento o veloce e dunque l’attenzione che possiamo dare alle emozioni con cui ci siamo svegliati. Sembrerebbe infatti che l’abitudine di registrare i sogni serva a ricordarli meglio. E la valutazione di assonanza o dissonanza dal sogno fatto, ovvero la maggiore o minore difficoltà a riconoscerli come comprensibili ed accettabili.
È interessante pensare gestalticamente al sogno come un rivelatore di aspetti di sé da migliorare, un bisogno di cui prendersi cura nel presente della propria vita, un invito ad affrontare le proprie paure per non rimanere in situazioni anacronistiche rispetto all’attualità di vita della persona, uno sprone ad attraversare la sofferenza e la frustrazione che ciascun passaggio evolutivo comporta.
I vantaggi? Scoprirsi più capaci, più responsabili di sé, più integrati e pertanto più sicuri di sé.