Cosa imparare dal caso Grecia

Il parlamento greco ha approvato la seconda “tranche” di provvedimenti e riforme convenuti con l'Unione europea negli accordi di Bruxelles. È il momento di fare un primo bilancio, da parte greca, di tutta l’operazione
Bandiera greca ed europea

“Il terzo piano di salvataggio”, “l’ultima chance”, “the game is over”, “take it or leave it”, “riforme strutturali”, “misure fiscali”, “povera Grecia”, “cattivi europei”, “odiato Schauble”, “Grexit”, “Primo ministro crocifisso”, “Atene non è sola”, e molte altre parole ed espressioni del genere circolano negli ultimi mesi provocando una spirale di sentimenti e risentimenti che, veramente, servono a poco e non contribuiscono né alla soluzione del problema specifico, né al miglior funzionamento della Ue.

Riflettiamo un po’: la Grecia ha subìto una grande umiliazione, per quanto riguarda comportamenti ed atteggiamenti, e ha dovuto cedere a un riscatto. D’ora in poi il Paese dovrà adottare tutte le riforme e le misure possibili, mentre ci sono altri Paesi europei che non le hanno attuate, almeno non tutte. In secondo luogo appare evidente come queste misure aumenteranno la recessione, diminuiranno il Pil e, ovviamente, aumenteranno il debito pubblico che viene espresso come ratio del Pil.

Una tale situazione provoca tensioni sociali e sviluppi politici complessi e, praticamente, non si sa come andrà a finire. Tuttavia qualcosa di buono lo si trova in tutto questo malessere:

–      verranno varate importanti riforme strutturali che avrebbero dovuto essere adottate da molti anni ma che i leader greci hanno preferito non realizzare per accontentare le loro “clientele elettorali” invece di investire sul futuro europeo del Paese;

–      siamo alla fine delle illusioni, perché ormai sono pochissimi quelli che non si accorgono che l’euro, a parte i suoi difetti, è un must e che un Paese così malamente organizzato non può permettersi il ritorno a una moneta nazionale. Inoltre la disciplina che l’euro ci impone è l’unica possibilità per la riorganizzazione efficiente ed efficace del Paese, anche se la strada è durissima;

–      finisce il populismo, perché la maggior parte del popolo ha imparato, sfortunatamente ad alto prezzo, che gli annunci roboanti e le promesse facili hanno una data di scadenza e che l’unica cosa che fa è quella di rimandare le soluzioni dei problemi;

–      il tentativo di una “alleanza europea” nel Parlamento greco ha già prodotto certi risultati. Per la prima volta i politici greci hanno capito che devono cominciare a cooperare perché i problemi sono molti e complessi, e che per essere affrontati efficientemente essi devono abbandonare il loro sterile egoismo politico e pensare al bene del Paese intero;

–      il popolo greco comincia a ritornare a un modo di vita più ragionevole e modesto: per anni ha speso più di quello che produceva e così si è abituato a un falso benessere;

–      il governo ha imparato che quando deve partecipare a degli esami duri deve arrivarci preparato. Sì, il primo ministro e la delegazione greca sono stati crocifissi dai “falchi”, e questo non è stato politically correct, ma dovevano forse arrivare più preparati a tali appuntamenti da tutti i punti di vista;

–      il caso greco ha risvegliato popoli, coscienze, intellettuali e politici che hanno capito come la crisi greca sia un sintomo e non la causa del problema della crisi di valori dell’Europa. (Prima parte)

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