Cosa fare se non siamo genitori “perfetti”
In una delle sue ultime rubriche lei scriveva: Saranno il sapore dell’ accudimento amorevole sperimentato, ma anche l’amore e l’armonia che i genitori hanno saputo vivere tra loro e con la famiglia d’origine, i doni più o meno dolci che un figlio porterà in eredità tutta la vita. Le sue parole, che d’altronde condivido, mi hanno fatto stare male. Io vorrei essere una buona madre. Tuttavia, ho spesso scatti d’ira: poi me ne pento ma non riesco a trattenermi. Lavoro ad un’ora di treno da casa per otto ore al giorno e non posso farne a meno. Lei diceva che bisogna dedicare tempo ai figli, ma io non ho tempo! Con mio marito da molti anni c’è un clima che dire sia di dialogo scarso è essere ottimisti: nella realtà il gelo regna tra noi e, se ancora stiamo insieme, credo sia perché sappiamo che per i figli sarebbe un dolore ancora più grande vederci separati! Insomma dopo la sua rubrica ho pianto: la mia famiglia è l’esatto opposto del quadretto che lei dipinge come ottimale per la crescita dei bambini… E allora? . Rosanna – Vicenza Gentile lettrice, la sua lunga lettera, che per brevità e rispetto abbiamo riportato solo in parte, rivela con forza il dolore che lei vive come persona, madre, donna. Il suo dolore è tante volte anche il mio: io personalmente, ma penso non pochi tra i lettori, tantissime volte scopro di non essere quel genitore perfetto che vorrei essere, di non saper amare così come vorrei e come so sarebbe giusto. Quando ciò accade è facile sentirsi in colpa, falliti, incapaci. Ma una lacrima o un fiume di lacrime possono anche essere un inizio. Se si ama con facilità e gioia il nostro amore vale tanto. Ma quando si ama superando il dolore che ti attanaglia, quell’amore è tanto più grande, tanto più puro, tocca il cuore di chi lo riceve. Può consolarci una considerazione: i bambini hanno incredibili capacità di recupero! Le ferite che noi stessi procuriamo loro riescono a guarire con una rapidità impressionante, ma… c’è un ma: abbiamo il dovere di divenire noi stessi medicina di quelle ferite! Come farlo se siamo dei fallimenti come persona, se noi stessi per primi non ci piaciamo, se non siamo capaci di mostrare quell’amore che pure vorremmo mostrare? Non vi è una sola ricetta ad una domanda tanto importante, ma forse, a parziale rimedio del dolore che le ho involontariamente procurato con il mio scritto, posso proporle alcune pillole di terapia. La prima: ricominciare ora, nell’attimo presente, subito. E se di nuovo mi accorgo che non riesco: ricominciare di nuovo, e poi di nuovo, e poi di nuovo. A volte si riesce meglio, altre volte no, ma quello sforzo i bambini lo colgono e… fa guarire. La seconda: mostrare senza vergogna le proprie emozioni, per quello che si riesce. I bambini hanno un incredibile dono: leggono il cuore. Se il nostro amore è sincero, basterà a volte un abbraccio forte, senza parole. Basterà una lacrima che senza paura si lascia scorrere sul nostro volto, che racconterà il nostro dolore e la voglia di esserci e ricominciare più di tante frasi. La terza: chiedere aiuto, un po’ come lei ha iniziato a fare con la sua lettera. Quando un sasso ci schiaccia basta una leva per sollevarlo, ma spesso da soli non ce la si fa. Negli anni si possono avere accumulato ferite e sassi e costruito un fardello così pesante da rovinarci la vita: svuotarsi le tasche e ricominciare, anche nel dialogo con sé stessi e con il partner, è spesso possibile. Molti studi ci dicono che non raramente i muri nella coppia nascono e rimangono e crescono come frutto di incomprensioni inizialmente piccole ma mai risolte, di aspettative mai svelate, di dolori apparentemente sepolti ma in realtà ben presenti, di perdoni mai dati o ricevuti. Certamente i figli saranno sempre parte di lei e di suo marito, cemento nella coppia ma non scontatamente fonte d’armonia e di accordo. Essi sono un’opportunità che Dio offre ai genitori come il dono più grande che si possa ricevere. I figli non hanno bisogno di genitori perfetti, ma di genitori che accettino con consapevolezza e impegno il loro ruolo, ricominciando al meglio dopo ogni fallimento. Spero perciò che le lacrime che lei ha versato possano presto asciugarsi e segnare l’inizio di una nuova stagione di fiducia, consapevole che tanti genitori come lei e con lei lottano per vivere il difficile ma splendido mestiere di essere padre e madre.