Cosa è in gioco a Torino
Il valore epocale del maxi processo Eternit e il caso amianto nel mondo
«In tribunale si giudicano gli uomini, non la storia e il processo non va caricato di significati extra giuridici, come per esempio la responsabilità sociale degli imputati ». E’ questa la tesi difensiva che sarà approfondita nei prossimi due anni previsti per il processo penale iniziato il 10 dicembre a Torino contro i vertici internazionali del colosso industriale della Eternit, per il periodo 1966-1986. Spenti i riflettori sul pellegrinaggio doloroso delle migliaia di persone e associazioni costituitesi parti civili nel giudizio, le udienze, che partiranno dal prossimo 25 gennaio 2010, vedranno una durissima schermaglia legale per smontare la tesi contenuta nelle 220 mila pagine del dossier approntato dalla squadra del pubblico ministero Raffaele Guariniello.
Eternit è il nome del composto di amianto e cemento, brevettato nel 1901, largamente utilizzato nel campo delle costruzioni. Consultando la documentazione, messa a disposizione dall’Agenzia europea per l’ambiente, si può scoprire come già nel 1898, Lucy Deane, una ispettrice del lavoro inglese, avesse osservato gli effetti dannosi per la salute della polvere di amianto, documentati anche dagli esami microscopici in possesso dell’Ispettorato medico pubblico.
La non curanza e l’ostilità verso ogni ragionevole principio di precauzione hanno segnato il mito del progresso e della produzione senza limiti, assieme al costituirsi di enormi fortune economiche.
Le evidenze scientifiche hanno accertato, nel frattempo, il nesso diretto tra la polvere d’amianto e una serie di gravissime patologie tra cui quelle tumorali come il mesotelioma pleurico.
L’Agenzia europea per l’ambiente prevede anche che entro il 2035, nella sola Europa occidentale, si registreranno da 250 mila a 400 mila casi mortali dovuti alle polveri di amianto. La latenza, infatti, tra il momento dell’esposizione e la comparsa del mesotelioma può arrivare, secondo gli studi, anche a 50 anni.
Nonostante queste drammatiche evidenze, non esiste ancora una messa al bando mondiale all’uso dell’amianto, con le inevitabili conseguenze che possiamo solo immaginare. Ogni aggiornamento delle convezioni internazionali sull’elenco delle sostanze pericolose nel commercio internazionale vede, infatti, all’opera efficaci pressioni per escludere l’amianto da tale elenco.
In Italia si è arrivati al divieto con una legge del 1992. Un traguardo che si può spiegare solo con quel straordinario movimento avviato a Casale Monferrato con l’alleanza tra mondo del lavoro e società civile che ha prodotto, dopo tante resistenze, le prime indagini epidemiologiche nell’1981. La lavorazione dell’eternit è avvenuta, infatti, in questa città fin dal 1907 e il conflitto tra le ragioni dell’occupazione e quella della salute hanno impedito per troppo tempo di cogliere il danno che si è andato a produrre, non solo tra i lavoratori, ma su tutta la popolazione.
Le fibre del minerale, disperse durante la produzione, hanno varcato senza difficoltà i cancelli della fabbrica. Così è avvenuto negli altri stabilimenti della Eternit presenti nel Paese, senza contare i milioni di prodotti immessi nel mercato e che stanno generando un emergenza ambientale ancora da censire e che necessita un lavoro di bonifica così esteso da essere valutato approssimativamente per una spesa di miliardi di euro.
Si sono iniziate a conteggiare così le migliaia di vittime tra i dipendenti della Eternit e i residenti nei territori inquinati.
Volti e storie irripetibili. Il sito produttivo di Casale ha chiuso i battenti per fallimento nel 1986.
Il valore epocale del maxi processo che si è potuto avviare a Torino, consiste, quindi, nel fatto che il giudice dell’udienza preliminare abbia ritenuto i reati contestati non caduti in prescrizione, dato che «il disastro si sta ancora manifestando, provocando nuove malattie». L’accusa di disastro doloso, e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche, è, infatti, molto precisa ed esclude la semplice negligenza o imprudenza nel comportamento dei proprietari della Eternit. Un’esposizione incontrollata e perdurante all’amianto delle popolazioni interessate alle quali, secondo l’accusa, erano nascosti i pericoli per la salute.
A seconda di come si concluderà il processo avremo, dunque, la possibilità di un precedente, dalla natura dirompente, per molte vertenze ambientali che coinvolgono una miriade di siti inquinati che hanno provocato effetti permanenti. Una casistica che va ben oltre la vicenda Eternit.
La presenza di tanti osservatori internazionali dimostra come la questione amianto sia tale da rimandare ad un quadro generale ancora irrisolto per tante realtà e nazioni, dove la voce dei lavoratori e dei cittadini è sempre troppo debole per farsi ascoltare.
Secondo alcuni, ci sono i presupposti per l’ istituzione di un tribunale internazionale per crimini ambientali come strumento idoneo ad affrontare il volto globale di vere e proprie bombe ecologiche che superano ogni frontiera.
Per il momento dobbiamo tenere viva l’attenzione su Torino e le tante storie e connessioni che è capace di mettere in luce.