Cosa c’entra la fraternità con la legge elettorale?

Senza uno sguardo nuovo reciproco nella società e nelle aule parlamentari non si potrà raggiungere l’obiettivo di garantire rappresentanza e governabilità. Una traccia concreta per un dialogo urgente in un Paese diviso
Italian Premier Paolo Gentiloni is seen on monitors during his speech ahead of a confidence vote for his government at the Senate, in Rome, Wednesday, Dec. 14, 2016. On Tuesday his government won a vote of confidence at the Lower Chamber, approval from both houses is required for the government to carry on its mandate. (AP Photo/Gregorio Borgia)

Il Movimento politico per l’unità (Mppu) propone regolarmente, nelle sedi istituzionali e comunque in assemblee pubbliche e aperte, dei laboratori di dialogo su tematiche di grande attualità. Perché? Con quali  intenzioni?  Questo Movimento politico è nato nell’alveo del carisma di Chiara Lubich (Focolari) di cui condivide gli ideali e gli obiettivi concreti: la ricerca e la pratica delle coordinate unificanti del vivere in comune, uomo accanto all’uomo, in tutti i campi in cui la convivenza umana si esprime: dalla famiglia alla scuola, alle comunità religiose e inter-religiose, ecc. Una pretesa esigente che non può non  includere anche la comunità politica. Il Mppu si rivolge con curiosità costruttiva e senza preconcetti a tutte le forze politiche, con la convinzione che ogni ispirazione sia necessaria per costruire una convivenza pacificamente duratura e includente.

Il percorso però non è però privo di presupposti, anzi, li propone  a tutti come cornice politica e come possibile metodologia: il suo presupposto cardine è la fraternità universale.  Come sappiamo sta tornando d’attualità la ricomposizione del trittico della rivoluzione francese, che ha visto la fortuna delle due parole che hanno forgiato le grandi ispirazioni politico ideologiche degli ultimi secoli: la libertà e l’uguaglianza. Ora inizia a farsi strada la constatazione che senza la terza parola, la fraternità, forse anche l’attualizzazione delle altre due resta impossibile.

E perché la fraternità non resti una premessa buonista o utopica o, peggio, imbocchi la deriva ideologica, è necessario praticarla. Questo è il di più che si chiede affrontando il tema più scottante della politica italiana di oggi provando ad avere uno sguardo nuovo su persone e cose, a partire dalla comunità nazionale.

Se si individua un debito di fraternità verso i cittadini che tutti serviamo come legislatori o studiosi o semplici impegnati nella vita pubblica, forse si coglierà che vi è qualche montagna da spostare, ma si troverà anche la forma e la modalità di farlo. Tanto più se lo si farà assieme. Pertanto attorno al tavolo aperto dei laboratori del Mppu non vi devono essere avversari, ma co-interessati a risolvere un nodo cruciale per il destino futuro e prossimo della comunità italiana. Perché noi cittadini siamo consapevoli fino in fondo di quanto sia cruciale la tenuta delle istituzioni, la loro autorevolezza interna e internazionale, la loro solidità. E sappiamo che tutto ciò, oggi, passa attraverso le regole con le quali si eleggeranno la Camera e il Senato della prossima legislatura.

Due punti essenziali: quantità e qualità degli eletti. Quantità nel senso di capacità del nuovo parlamento di formare una maggioranza che esprima un governo stabile, dal programma chiaro e perseguibile, nel quale la comunità nazionale si riconosca, ovviamente nella irrinunciabile dialettica democratica. Qualità nel senso di singoli e gruppi parlamentari ben ancorati all’interesse generale, maggiormente capaci di quanto non visto nelle ultime legislature, di rispondere alla nazione come richiede l’articolo 67 della Costituzione.

Naturalmente nessuno si aspetta che la legge elettorale da sola produca magicamente una crescita della statura morale e della competenza dei parlamentari. Però sappiamo che può produrre una loro “decrescita”. Infatti, l’esperimento delle liste bloccate, che pure in teoria potevano essere un formidabile sistema di selezione meritocratica, è fallito. Da un lato, i partiti non sono stati all’altezza della responsabilità loro affidata nella composizione delle liste; da un altro lato, il destino del parlamentare messo in mano ai segretari di partito, ha finito per indebolire anche i cuori meglio disposti. E il frutto avvelenato di questo meccanismo è stata la perdita del legame fiduciario tra elettori ed eletti. Ricostruire questo legame a noi appare una priorità e pensiamo possa esserlo anche per chi ha la responsabilità di porre mano alla legge elettorale.

Non c’è dubbio che la fiducia passa attraverso il coerente e quotidiano svolgimento del proprio ruolo, ben innestati nell’art. 67 della Costituzione, che possiamo concretizzare con l’accountability (saper rendere conto, ndr) nei confronti dei cittadini (almeno elettori). Siamo persuasi che la ricostruzione del legame fiduciario è l’antidoto più potente nei confronti della ribellione antipolitica che attraversa il Paese e che tanto condiziona anche le istituzioni.

La legge elettorale, poi, si sa, ha i suoi due corni nella rappresentanza e nella governabilità. Le vicende delle due ultime leggi, passate entrambe al vaglio di costituzionalità con censure, ci dice che non è possibile forzare né in un senso, né in un altro. Esiste un equilibrio necessario, che va trovato e ci piacerebbe immaginare qui quale potrebbe essere, partendo dal reale ma provando a esercitare la fantasia.

Collegato alla questione della legge elettorale è la normativa sui partiti. L’ultimo testo approvato dalla Camera può essere considerato lontano da certe aspettative coercitive, ma sappiamo che esso si muove all’interno della cornice costituzionale disegnata dall’art. 49 della Costituzione. Costituisce comunque un primo passo, che può incentivare i partiti anche a fare di più. Se la strada della coercizione non è percorribile e forse neppure produttiva, quella premiale è la via maestra. E il vero premio per i partiti è elettorale. Pensiamo pertanto che definire uno standard minimo di regole di trasparenza sia un passo in avanti e che l’occasione non vada perduta.

Sono queste le tracce da cui partire per un confronto costruttivo da poter declinare nella società e dentro le aule  parlamentari.

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