Cosa c’è dietro l’assassinio del sindaco di Danzica

Il Paese baltico in stato di shock dopo l'accoltellamento e la morte del sindaco Pawel Adamowicz, domenica, durante un evento di solidarietà
AP Photo/Wojciech Strozyk

È successo nel corso di una delle manifestazioni caritative più note della Polonia, un avvenimento apparentemente senza connotati politici: il sindaco di Danzica è stato assassinato domenica, davanti a centinaia di persone, sul palco della Grande Orchestra della Carità, per l’evento più popolare del Paese che ogni anno, da ventisette anni, in una delle domeniche di gennaio, vede decine di migliaia di volontari distribuire piccoli cuori adesivi rossi ovunque in cambio di donazioni per l’acquisto di attrezzature mediche pediatriche.

Il week-end scorso, come al solito, Pawel Adamowicz aveva fatto tintinnare il porcellino-salvadanaio nelle strade della città portuale prima di pubblicare su Facebook l’importo incassato e di salire sul palco.

A quel punto un uomo gli si avvicina e lo pugnala più volte. Poi prende un microfono e si presenta: «Ciao ciao, mi chiamo Stefan, sono stato messo in prigione anche se ero innocente. La “Piattaforma civica” mi ha torturato, così Adamowicz è morto stanotte». Poi l’arresto. I soccorsi al sindaco. La sua morte in ospedale il giorno seguente.

I legami tra l’assassino, che ha 27 anni, e la sua vittima paiono assai labili.

Secondo la polizia, l’uomo è stato condannato a diversi anni di prigione per una serie di rapine ed era appena stato rilasciato. La sua condanna coincide in parte con la seconda legislatura della “Piattaforma civica” (Po), partito liberale al potere dal 2007 al 2015 e di cui Pawel Adamowicz era uno dei membri fondatori.

Accusato di omissioni nella sua dichiarazione dei redditi e patrimoniale, ha sospeso formalmente la sua appartenenza a Po quattro anni fa per non mettere il partito in difficoltà. Ma, nonostante questo incidente di percorso, grazie alla sua forte popolarità, era stato riconfermato nel novembre 2018 per un sesto mandato alla guida del municipio di Danzica.

Il gesto dell’ex-banditucolo pare quindi un atto isolato, senza alcun fondamento politico, a parte il fatto che l’assassino ha menzionato la Piattaforma civica. Certamente un certo squilibrio mentale è la causa principale dell’assassinio, anche se numerosi giornali e osservatori polacchi insistono sul “clima di odio” alimentato da politici e media, il che equivarrebbe a denunciare la profonda frattura che attraversa la società polacca.

I commentatori dei due più grandi giornali del Paese, legati all’opposizione, cioè Gazeta Wyborcza e Rzeczpospolita, hanno addirittura parlato di «crimine politico». Una lettura ideologica degli eventi.

In realtà la condanna politica è stata unanime da parte di tutti i partiti politici, tra cui il partito al potere dal 2015, Diritto e giustizia, diretto da Jarosław Aleksander Kaczyński, e accusato dall’opposizione di fomentare un clima antiliberale nel Paese.

Numerose manifestazioni si sono svolte in tutto il Paese per ricordare il sindaco di Danzica, anche se tali riunioni pubbliche non sono riuscite a far assurgere Adamowicz al rango di eroe della “resistenza politica” attuale.

C’è da sperare che un Paese diviso formalmente in tre parti (oggi espresse dai conservatori di Diritto e giustizia, dai liberali di Piattaforma civica, e dal consueto terzo di popolazione che si disinteressa della politica), che a turno superano di poco il 33 per cento dei suffragi raggiungendo il potere e mettendosi immediatamente a disfare tutto ciò che il governo precedente ha promosso, possa fermarsi e riflettere senza acrimonia sulla necessità di svelenire il clima politico.

Pare in effetti questo uno dei problemi principali della Polonia, che non riesce a costruirsi una struttura civile, prima che statale, in cui si riesca a discutere serenamente e non ideologicamente del bene del Paese.

L’eredità del comunismo non facilita certo le cose, con gran parte del mondo cattolico che insiste sulla necessità di un’identità nazionale più forte e di natura cattolica, libera dai condizionamenti dell’Europa, e con gran parte del mondo liberale, in parte di derivazione comunista, che invece sostiene la necessità di un ancoramento maggiore sui valori della social-democrazia europea.

«La Polonia può trasformare un fatto di sangue in una nuova spinta alla coesione sociale», ha detto alla tv polacca una giovane madre. È un auspicio che non si può non appoggiare.

 

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