Corruzione. Quella tassa occulta da abolire
Raccolte da Libera, in un anno, oltre un milione e mezzo di firme per rendere effettiva una norma del 2007 che prevede la confisca e l’uso sociale dei beni sottratti ai corrotti
Come per i mafiosi: confisca e utilizzo sociale dei beni sottratti ai corrotti. Questa norma sconosciuta ai più già esiste ed è contenuta nella legge finanziaria del 2007, ma non viene applicata. Così come non viene adeguato il codice penale italiano sulla lotta alla corruzione alle leggi internazionali come la Convenzione di Strasburgo del 1999.
Per cercare di rimediare a tale anomalia gli enti locali riuniti sotto la sigla “Avviso pubblico” e la rete di associazioni contro le mafie, Libera, hanno raccolto, in un anno, oltre un milione e mezzo di firme apposte poi su cartoline spedite direttamente al presidente della Repubblica.
Un’azione che diventa sempre più urgente in tempo di crisi economica dato che, come osserva Libera, «non si deve tacere perché non è normale una società che ruba a se stessa. La corruzione è una tassa occulta che trasforma risorse pubbliche, destinate a servizi e opere, in profitti illeciti».
Di corruzione dilagante in Italia ha parlato in sede istituzionale e in diverse occasioni pubbliche il presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino. Le ragioni, secondo l’alto magistrato, si trovano, sostanzialmente, nella mancanza di «un reale, profondo, sostanziale rivolgimento morale». Parole che trovano conferma nella scarsa informazione che, nella bulimia delle notizie, gli stessi media sono disposti a concedere ad iniziative che provengono da chi ancora crede nella possibilità di ritessere la trama di una convivenza civile dato che il mancato e deciso contrasto della corruzione finisce – citando Avviso Pubblico -, per «corrodere il senso civico e la stessa cultura democratica».
Resta il fatto che i termini di prescrizione molto brevi dei reati di corruzione, la mancanza di interventi strutturali e la sottrazione reale dei beni frutto di quella corruzione, rendono poco incisiva la sola attività repressiva del fenomeno.
Si tratta quindi di accrescere l’attenzione sull’azione che il nuovo ministro della Giustizia, Paola Severino, intende fare sul disegno di legge anticorruzione che, dopo due anni, è approdato alle Camere. La confisca e l’utilizzo sociale dei beni sottratti ai corrotti è un elemento importante per valutare l’uso di strumenti che si sono rivelati decisivi nel contrastare la presunzione di impunità di cui godono certi poteri nell’immaginario collettivo. La continua e palese aggressione ai beni confiscati, così come la resistenza delle banche a collaborare, liberando i beni da ipoteche concesse ai vari prestanome del malaffare, stanno a dimostrare la necessità di saper toccare gli interessi reali se si vuole ricostruire davvero un tessuto sociale libero da ogni tipo di sudditanza.
Ne è prova l’attentato subito sotto Natale da un’associazione di Lamezia Terme che gestisce, in un immobile confiscato alla ndrangheta, un centro per minori stranieri non accompagnati. Queste azioni non devono lasciarci nello sconforto o nell’immobilismo ma devono rafforzare la convinzione che cambiare si può, lentamente, ma si può.