Corridoi umanitari, possibile soluzione?
Fu a fine aprile 2015 quando ebbi l’occasione di sentire Andrea Riccardi in una conferenza nelle giornate “Cattolici e vita pubblica” a Bilbao. Nell’hotel Villa di Bilbao mi concesse poi un’intervista pubblicata nel numero di giugno di Ciudad Nueva (edizione spagnola in castigliano) e mi parlò d’interessanti argomenti quali il senso della globalizzazione, il genocidio culturale in Medio Oriente o la necessità del cristianesimo perché il mondo sia più umano. Sorse poi una domanda, quasi fuori tema ma imposta dall’attualità del momento, a proposito della crisi dei migranti nel Mediterraneo: «La Comunità di Sant’Egidio vuole proporre la creazione dei punti di accoglienza per i migranti…». La sua risposta fu immediata: «Perché dobbiamo costringere i migranti a realizzare terribili viaggi nel mare? Possiamo preparare loro dei posti di accoglienza in Marocco, in Libano, nei Paesi della riva sud del Mediterraneo a fin di evitare loro quei viaggi. Tanti di questi migranti non sono economici, ma rifugiati». E aggiunse: «È possibile preparare degli elenchi e, in base alla normativa europea, accogliere una certa quota di rifugiati. Questa iniziativa è già in moto e volgiamo proporla ai governi». Ancora non se ne parlava, ma stavano per nascere i “corridoi umanitari”.
Il progetto, d’accordo col ministero degli Esteri italiano, vide la luce nel febbraio 2016 grazie al finanziamento e la collaborazione tra la Comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e la Tavola Valdese. Lo scopo era quello d’impedire lo sfruttamento dei trafficanti di persone, in particolare quelle in condizioni di vulnerabilità (vittime di persecuzioni e violenza, famiglie con bambini, anziani, malati, persone con disabilità), procurando loro un ingresso legale in Italia e la possibilità di presentare domanda di asilo. Da allora, 850 rifugiati sono arrivati in Italia provenienti da campi profughi libanesi. Numeri limitati e che da soli non ci consentono di parlare di “soluzione” dell’emergenza, certamente; ma rimane comunque l’importanza di aver proposto una via diversa, che può essere ulteriormente perfezionata.
Dietro l’esempio dell’Italia ora si è aggiunta a quest’iniziativa anche la Francia, dove il ministero dell’Interno, il ministero degli Esteri, la Comunità di Sant’Egidio, la Federazione protestante di Francia e la Conferenza episcopale francese sono arrivati a un accordo per accogliere 500 persone. Secondo la notizia diffusa dall’Agenzia SIR, le prime sedici, quasi tutte siriane, sono arrivate a Parigi dal Libano nella prima settimana di luglio e saranno accolte a Nîmes e Le Mans.
Si sa poi che diverse Chiese e la Comunità di Sant’Egidio hanno preso contatti in altri Paesi europei (Belgio, Germania, Polonia, Spagna, Svizzera) per avviare nuovi processi di accoglienza. In dichiarazioni all’Agenzia SIR il pastore Luca Negro, presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, spiega: «Siamo convinti che si tratti di un modello esportabile sia perché è fondato sui parametri di Schengen che prevede la possibilità da parte degli Stati membri di rilasciare visti per motivi umanitari, sia perché è il contrario di una migrazione selvaggia».
Il settimanale spagnolo d’informazione religiosa Alfa y Omega si fa ecco delle parole della presidente della Comunità di Sant’Egidio in Francia, Valérie Régnier: «Nei campi rifugiati del Libano abbiamo visto le condizioni in cui vivono bambini e persone vulnerabili […] L’unica chance per loro e giocarsi la vita ed entrare in Europa in modo illegale. La nostra proposta è offrire loro sicurezza e legalità, un’alternativa al biglietto della morte».