“Corpo esposto” (davanti alla Flagellazione del Caravaggio)

Il corpo ripiegato, abbandonato alla piega, esposto alla morte, ma prima ancora all’infamia dell’assedio dell’altro. Corpo che in questa esposizione espone la sua bellezza. La bellezza di chi non ha nulla da perdere, perché ha già perduto tutto, ed è solo un corpo, un corpo senz’altro, nudo nella sua esposizione, nel gesto dell’esporsi, nell’aperto della passione, del patimento. Corpo che patisce l’altro, ne patisce il legame. In questa esposizione del finito alla sua finitezza traluce il divino dell’uomo. I suoi occhi chiusi, il pensiero muto: non ha più nulla da dire, né da dare, è solo corpo, puro e semplice, impuro e molteplice corpo che resta, tutto intero, nel gesto del sottrarsi. È svanimento, quel corpo in torsione, in abbandono. Preso in un gesto innaturale, perché interamente consegnato al fuori. Sono io, quel corpo esposto. (E nel riconoscermi, non c’è più io che possa dire: Sono io, quel corpo esposto…). Questo tempo non si articola in parole si scioglie come carne nella bara. Ne rimarrà lo scheletro se ne conteranno le ossa. Reclamo la mia inappartenenza il barbaro richiamo senza terra l’accoglienza al vento che devasta e libera presenza l’occhio rivoltato al poi il furore placato il corpo abbandonato al suo deserto. Reclamo l’odio senza oggetto l’amore che ne stilla senza colpa il tormento che abita il silenzio. Reclamo la parola la sua notte. La mia riconoscenza. Nel margine della guerra I Dal cuore non si alzano croci. Infiammano ancora gli occhi i tuoni, e la lingua inerte. Non importa quanto ignoto il limite del mondo che sostiene un odio nuovo. Raphel maì amech zabi almi cominciò a gridar la fiera bocca cui non si convenian più dolci salmi. Nel margine della guerra II In una deriva del crepuscolo un corteo, bandiere rosse a sventolare, io e lei fino alla piazza. Cinquanta persone, voci vane nel deserto. Lacrime agli occhi. Tutto irrimediabile. Irredimibile. Volto alla chiesa lieve e visionaria. Lacrime (le stesse) a questa lontananza. Bellezza violata, non colta, incolta. La seguo. Un canto dal fondo sotto l’altare. Mi siedo nell’ombra crocifissa. La vista si annebbia. L’irreparabile. La redenzione.

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons