Corpi estranei
Un progetto innovativo e molto originale quello ideato da Marco Bolognesi, classe 1974, artista europeo transculturale, come viene definito, la cui creazione artistica punta alla creazione di un mondo parallelo virtuale.
Ce ne siamo accorti durante la sua performance al MACRO a Roma durata solo dal 3 al 17 marzo scorso. “Corpi estranei”, questo il titolo, è un progetto vitale, perché l’autore si espone in prima persona usando la tecnica a lui cara del disegno col gessetto per una produzione interattiva e multimediale incentrata sul fenomeno dell’immigrazione.
Persone, non corpi estranei, come troppo spesso consideriamo coloro che arrivano da noi. Le pareti di una stanza raccolgono una mappa sonora, letteraria, filmica, documentaristica in cui Bolognesi segue il flusso immediato dei suoi pensieri in un work in progresss con il visitatore che ha la possibilità di inserire le proprie emozioni e agire col pennarello nero, circoscrivendolo. Così che il dialogo diventa autentico e l’opera d’arte vita. Non è poco.
Bolognesi è abituato ad introdursi in temi planetari dal razzismo all’immigrazione, commentandoli, anzi ricreandoli visivamente in una miscela di suggestioni teatrali, mediate e modificate dalla fantasia e soprattutto dalla riflessione.
Capisce che la vita è moto non stasi, apertura non chiusura, amore non indifferenza. Non si dà pace finché l’estraneo che è in noi non muore e dialoga con l’estraneo fuori di noi, fatti di canti, suoni, interviste e dolori. Tanti.
Nasce una polifonia che non è disordine, ma nuovo ordine, ossia ricerca dell’armonia tra i popoli come pure dell’armonia dentro di sé, dentro di noi. Abbiamo bisogno di questo, sembra dire la performance dell’artista. Essa nasce prima di tutto dall’accoglienza dell’altro, del diverso, che invade la nostra tranquilla coscienza, la mette in crisi e la fa nuova. Se ci stiamo al gioco – perché qui l’arte è gioco, anche se serio – cambiamo mentalità. E’ questo il mondo parallelo, che può ancora sembrare virtuale, di cui parla Bolognesi? Cioè sogno, utopia o realtà futura?
La rassegna o meglio “il progetto per riconoscere e accettare l’alterità fuori e dentro di sé”, è bello e fascinoso. Da ripetere.