Coronavirus e stress da quarantena, come resistere
#Iorestoacasa è l’hashtag che, in questa fase di emergenza dovuta alla diffusione del virus Covid – 19, contraddistingue l’atteggiamento che si richiede a tutti i cittadini italiani.
Una condizione di “ritiro” forzato che cambia radicalmente le nostre abitudini di vita, impone la convivenza forzata e prolungata, limita le attività, e ci espone allo stress nel “non – fare”. Con conseguenze psicologiche spesso importanti.
Ne abbiamo parlato con il dr. Luca Pezzullo, presidente dell’Ordine degli psicologi Veneto:
Come reagiscono corpo e mente allo stress causato dalla quarantena forzata?
È una situazione che se prolungata nel tempo è innaturale. Il benessere del corpo è legato al mantenimento di una regolarità del ciclo sonno – veglia, quindi è necessario cercare di dormire lo stesso numero di ore e agli orari abituali, avere orari regolari per pranzo e cena e una dieta equilibrata, con un minimo di attività fisica. Dal punto di vista psicologico quello che serve di più è il mantenimento di una regolarità nell’organizzazione della giornata, definire una scaletta giornaliera, una scansione precisa e ordinaria delle attività, con orari e funzioni da definire possibilmente insieme ai bambini.
Gli studi su epidemie precedenti riportano sintomi psicologici come stress, disturbi emotivi, depressione, disturbi dell’umore, insonnia. Quali sono le fasce della popolazione più a rischio?
Normalmente negli interventi psicologici si tende a dare priorità a anziani, bambini, persone con disabilità, in realtà questo porta l’effetto paradossale di omettere dall’attenzione psicologica una fascia che è estremamente a rischio ma lo sembra di meno: i 30-50enni padri e madri di famiglia, che lavorano – magari da casa e con preoccupazioni economiche – si prendono cura di figli minori e anziani malati, e che in una situazione del genere sono sottoposti agli stressor maggiori. Quella che sulla carta è la persona più solida si trova essere il soggetto più sottoposto a carichi.
I precedenti di altre epidemie mostrano che tra i soggetti più colpiti ci sono anche gli operatori sanitari…
Coloro che sono in front-line e operano in contesti legati a Covid-19, non solo hanno paura per sé e vivono lo stress di un lavoro pesante, ma hanno paura anche per l’impatto che questa condizione può avere sulla propria famiglia. Molti medici e infermieri, soprattutto se lavorano in reparti esposti, quando tornano a casa si spogliano in garage o in macchina, si sono trasferiti a dormire con le brandine in garage o in un altro appartamento, hanno mandato i familiari da altri parenti, nonni etc., e se sono tutti in casa hanno sempre la paura di poter essere fonte di contagio per la famiglia. Questa emergenza è diversa da tutte quelle passate, dove l’operatore di soccorso, una volta tornato a casa si sentiva al sicuro e la sua famiglia poteva prendersi cura di lui. Qui, al contrario, resta la paura di portare l’emergenza in casa.
Come supportare le persone affette da patologie psichiatriche o fragilità che in queste condizioni possono acuirsi, anche considerando che molti professionisti hanno dovuto interrompere gli incontri frontali?
Molti colleghi continuano a garantire una continuità di cura con servizi online, telefonici, videochiamate o monitoraggi a distanza. Purtroppo non è possibile in tutti i casi e per tutte le problematiche. In effetti alcune persone sono più a rischio di altre, non solo quelle con patologie psichiatriche importanti ma anche persone che hanno dipendenze e non hanno più modo di sfogare i comportamenti compulsivi legati. Pensiamo al disturbo da gioco d’azzardo compulsivo o alla tossicodipendenza. Questo può portare all’interno della famiglia – soprattutto se già problematica o disfunzionale – ad un aumento della conflittualità, dell’irritabilità e delle violenze familiari.
Come raccontare ai bambini cos’è il Covid 19?
I bambini sono più resilienti e adattabili di quanto si creda. Nelle emergenze di solito sono quelli che nel medio-lungo termine ne escono meglio. Ci sono però delle problematiche particolari da affrontare, come l’interruzione della continuità scolastica, la separazione dal gruppo di amici, l’incertezza per la situazione. In psicologia dell’emergenza diciamo che per calmare il bambino dobbiamo calmare il genitore, che per primo deve essere sereno e non avere paura di parlare della situazione col bambino. Con i più piccoli si possono utilizzare fiabe o giochi che permettono di simboleggiare la situazione e focalizzare il fatto che ci sono tante persone che stanno lavorando per sconfiggere la malattia, il virus cattivo.
Nelle fiabe c’è sempre un protagonista che si crede fragile e che poi affronta difficoltà soverchianti con il suo impegno e la sua determinazione e riesce a uscirne. Con i ragazzini più grandi è importante parlare molto chiaramente, mai nascondere o minimizzare, altrimenti si passa il messaggio he quello che sta succedendo è così terribile che anche mamma e papà hanno paura a parlarne, è qualcosa di impensabile, indicibile, e questo crea un vissuto di angoscia nel piccolo.
Come trasformare le difficoltà di questo momento in una sfida costruttiva? La resilienza si basa proprio su questo, e trasforma i limiti in vincoli che aiutano a pensare più creativamente. In effetti siamo già stati capaci di adattarci molto velocemente, nel giro di tre settimane un’intera popolazione è riuscita a modificare molte delle sue abitudini relazionali, comunicative, lavorative, gestionali. Questo allora deve essere anche uno spazio per focalizzare altri possibili cambiamenti: in pochi giorni tante attività sono state traferite pienamente online, e si è riusciti a gestire processi che si pensava non sarebbero stati gestibili a distanza o in tempi rapidi o in situazioni emergenziali. Le grandi guerre, pur nella loro tragicità, sono state dei grandi driver di innovazione, sviluppo e cambiamento sociale, oltre che tecnologico e scientifico, sono stati i momenti di massima accelerazione tecnologica dell’umanità. Quindi dobbiamo capire se questo sarà possibile anche in questo caso.
In tutta Italia gli psicologi hanno messo a disposizione la loro competenza per consulenze telefoniche o via web. Come si può accedere a questi servizi?
Ci sono tanti servizi online, dai numeri verdi delle Regioni ai numeri verdi ufficiali, ai molti servizi psicologici pubblici e privati che mettono a disposizione delle consulenze gratuite per i primi consulti o a pagamento se prolungate. Non manca l’offerta, l’importante è verificare che queste consulenze vengano effettuate da personale qualificato, psicologi o psicoterapeuti iscritti all’ordine.