Coronavirus in Sicilia: sanità, scuola, volontariato
La Regione ha sospeso in tutte le strutture sanitarie della Sicilia le attività chirurgiche negli ospedali pubblici e nelle cliniche private. Si va avanti solo con gli interventi urgenti. Chiusi anche gli aeroporti minori di Trapani e Comiso. Da oggi sono sospesi anche i collegamenti ed i trasporti ordinari. Il governo nazionale ha accolto la richiesta del presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci per fronteggiare l’emergenza coronavirus: eccezion fatta per il trasporto delle merci e delle derrate alimentari. Il decreto è stato firmato nella notte dalla ministra Paola De Micheli.
La Sicilia, finora rimasta ai margini dell’emergenza nazionale, ha ormai 213 contagiati. Il dato è aggiornato alle 12 di domenica 15 marzo. E, tra questi, un neonato di cinque mesi, di Giuliana (Palermo). La mamma era positiva ed è stata ricoverata. Il piccolo, per ora sta bene ed è a casa con il papà. Buona parte dei contagi derivano da contatti con persone provenienti dal Nord Italia e, in alcuni casi, si tratta di siciliani rientrati dalle regioni settentrionali: studenti, docenti, lavoratori.
I governatori del sud hanno tuonato chiedendo misure severe per impedire che chi vive al nord potesse far rientro a casa, aumentando il contagio. La “grande fuga” del 7–8 marzo ha portato in Sicilia moltissime persone. La Regione ha chiesto loro di registrarsi su una piattaforma indicata. Ad oggi lo hanno fatto più di 20.000 persone, ma erano molto meno nei primi giorni dell’esodo. Per tutti, l’obbligo è di rispettare la quarantena, in condizioni di sicurezza. Fino a una settimana fa, le località balneari ed i pub erano affollati di giovani e non solo. Ma da lunedì scorso tutto è cambiato.
La Sicilia guarda con apprensione all’aumento previsto del numero dei contagi. L’isola non ha le strutture sanitarie del nord, da queste parti i posti di rianimazione sono limitati e gli ospedali hanno mille carenze. L’effetto della sanità regionalizzata e delle riforme di inizio secolo si fa sentire fortemente. Mai come in questo momento. In Sicilia mancano persino le mascherine per i medici di famiglia costretti a continuare ad operare senza nessuna protezione, nessuna tutela: 22.800 mascherine sono in arrivo, inviate dal Dipartimento di protezione civile. Ma solo una parte sarebbero Ffp2 e FfP3, cioè quelle più sicure per gli operatori sanitari.
Il coronavirus scatena la solidarietà. A Palermo è nato un gruppo facebook, si chiama “solidarietà attiva Palermo – emergenza COVID-19”: è un luogo di dialogo, ma è anche una gara di generosità. C’è chi dà suggerimenti, chi si rende disponibile per aiutare gli anziani, chi per fare la spesa. La voce corre rapidamente e c’è chi, sui social, commenta positivamente. «Ci sono persone altruiste e nobili d’animo che, in questi giorni e particolari tendono la mano alle persone più fragili per età, per disabilità, per solitudine … si mettono a disposizione di chi ne ha bisogno».
Iniziative come questa si moltiplicano: si attivano le parrocchie, i gruppi. In alcuni comuni è stato attivato il servizio di Protezione civile. Una clinica di Castelvetrano mette a disposizione 45 posti letto per le emergenze ed un’azienda florovivaistica di Marsala che regala in città quei fiori che per ora nessuno può acquistare. E poi le iniziative più amene, come il “tempo di aperiweb”, con un bicchiere di vino in mano, insieme agli amici, pur se a distanza, o come il flashmob con l’Inno d’Italia, giunti anche a Catania e Palermo ed altre città siciliane.
Mancano le mascherine e gli strumenti di protezione per i medici di base: molti sanitari sono costretti a lavorare con grave rischio personale , ma anche dei loro pazienti e dei loro familiari, perché potrebbero diventare inconsapevoli vettori Tutte le aziende sanitarie si sono attivate, ma le forniture tardano. Si moltiplicano le iniziative , anche di raccolta fondi, per supportare le Asp. Si stanno riconvertendo qualche azienda che opera nel tessile alla produzione. L’associazione Abntigone Sicilia ha proposto di utilizzare per la produzione i laboratori sartoriali funzionanti nelle carceri.
Un capitolo a parte meritano le scuole. Gli studenti sono a casa, spesso insieme ai genitori, perché molte aziende hanno fatto ricorso allo smart working. Si sta avviando la didattica a distanza. Non senza difficoltà. Carmelo Distefano è uno dei 12 componenti siciliani dell’équipe formativa territoriale. «Il ministero dell’Istruzione – spiega Distefano – sta cercando di supportare le scuole in questa modalità del tutto nuova. Noi stiamo aiutando i nostri colleghi sia sul piano tecnico, che metodologico. La didattica a distanza era già stata avviata in molte scuole, ma nessuno era preparato a che essa dovesse sostituire in toto l’attività didattica. Si è dovuto fare velocemente ciò che avevamo avviato con modalità e tempi diversi. Ma pian piano le scuole si stanno organizzando anche per coordinare il lavoro di tutti i docenti».
«È encomiabile ciò che si sta facendo – spiega Anna Maria Di Falco, dirigente scolastica di Catania – Ma non si possono improvvisare delle metodologie che non si è avuto la possibilità di sperimentare prima, di affinare, di verificare. La didattica a distanza ha dei metodi e delle dinamiche diverse da quelle della didattica in presenza e non può sostituirla in toto. Manca l’interazione diretta con l’alunno e attraverso la piattaforma si lavora in modo diverso. I docenti stanno facendo un grande sforzo, ma ovviamente si sta lavorando giorno dopo giorno, senza una programmazione pregressa e senza un’esperienza precedente consolidata».
L’emergenza coronavirus sta facendo maturare tutti sul campo. E sta regalando la consapevolezza di necessità prima impensate. «Sono convinta che dopo questa esperienza niente sarà più come prima – continua Di Falco –. Quest’anno scolastico si chiuderà tra tante difficoltà, speriamo nel modo migliore possibile. Ma da questi momenti comprenderemo meglio molte cose. Nessuno di noi ha memoria di una vicenda come questa. Dopo niente sarà più lo stesso. Ci sarà un “prima” ed un “dopo”, anche per ciò che riguarda il mondo della scuola. E comprenderemo che dovremo rafforzare moltissimo le nuove metodologie e la nuova didattica, da attuare attraverso gli strumenti informatici».