Coronavirus, il Rosario contro la pandemia

In una Lettera indirizzata a tutti i fedeli, papa Francesco invita a pregare il Rosario in famiglia nel mese di maggio contro la pandemia da coronavirus. Ricorda i malati, i medici, gli infermieri, le autorità, i volontari, i sacerdoti e fa un appello per usare le somme destinate agli armamenti per la scienza e per sanare le povertà

Riscoprire il Rosario come preghiera ai tempi del coronavirus. «Mentre l’umanità trema», alla pandemia «del virus vogliamo rispondere – aveva detto all’Angelus del 22 marzo – con l’universalità della preghiera, della compassione, della tenerezza. Rimaniamo uniti. Facciamo sentire la nostra vicinanza alle persone più sole e più provate».

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Il Rosario in famiglia

Ora con una Lettera indirizzata a tutti i fedeli ripropone il Rosario per il mese di maggio. Sa che è una preghiera che unisce, che incoraggia, che porta a contemplare le nostre vicende da una prospettiva insolita. Dà calore e vicinanza. È una preghiera semplice, fatta apposta per la famiglia. «È tradizione – scrive papa Francesco –, in questo mese, pregare il Rosario a casa, in famiglia. Una dimensione, quella domestica, che le restrizioni della pandemia ci hanno “costretto” a valorizzare, anche dal punto di vista spirituale». Le mura domestiche possono trattenere il profumo di Maria e restituire un senso di spiritualità alle nostre giornate in casa dense di impegni, di lavoro, di compiti, di lezioni da seguire negli spazi ristretti di un appartamento. «Lo si può fare insieme – suggerisce Francesco –, oppure personalmente; scegliete voi a seconda delle situazioni, valorizzando entrambe le possibilità».

La storia del Rosario

La preghiera mariana ha una storia plurisecolare, e bisogna risalire fino a papa Sisto IV (1414 – 1484) che favorì il culto di Maria con l’istituzione della festa dell’Immacolata Concezione, della Visitazione e del Rosario. È una preghiera che si completa nella forma attuale con Giovanni Paolo II nel 2002 e che ha ispirato un popolo di santi, teologi, poeti, scrittori come Alessandro Manzoni che fa dire a Lucia nei Promessi sposi: «Prese di nuovo la sua corona, e ricominciò a dire il Rosario; e, di mano in mano che la preghiera usciva dal suo labbro tremante, il cuore sentiva crescere una fiducia indeterminata».

Due preghiere

Il Rosario − conclude Francesco − «ci renderà ancora più uniti come famiglia spirituale e ci aiuterà a superare questa prova. Io pregherò per voi, specialmente per i più sofferenti, e voi, per favore, pregate per me». Nella prima delle due preghiere che suggerisce ci affida a Maria «che presso la croce sei stata associata al dolore di Gesù». Ha vissuto anche lei la sua passione, conosce bene le sofferenze e può aiutare tutti i malati, i parenti, chi ha paura «a conformarci al volere del Padre e a fare ciò che ci dirà Gesù, che ha preso su di sé le nostre sofferenze e si è caricato dei nostri dolori per condurci, attraverso la croce, alla gioia della risurrezione». Nella seconda chiede a Maria che in questa pandemia del coronavirus il conforto per «quanti sono smarriti e piangenti per i loro cari morti, sepolti a volte in un modo che ferisce l’anima. Sostieni quanti sono angosciati per le persone ammalate alle quali, per impedire il contagio, non possono stare vicini. Infondi fiducia in chi è in ansia per il futuro incerto e per le conseguenze sull’economia e sul lavoro». E come ogni mattina, prima di cominciare la Messa nella Casa Santa Marta, ricorda i medici, gli infermieri, le autorità, i volontari, i sacerdoti. «Accompagna la loro eroica fatica e dona loro forza, bontà e salute». In modo concreto chiede illuminazioni per gli uomini e le donne di scienza, «perché trovino giuste soluzioni per vincere questo virus». E fa un appello a Maria affinché tocchi tutte le coscienze e affinché «le ingenti somme usate per accrescere e perfezionare gli armamenti siano invece destinate a promuovere adeguati studi per prevenire simili catastrofi in futuro» e in aiuto a tutte le povertà.

Chiara Lubich e il Rosario

È una preghiera, quella del Rosario, molto cara anche a Chiara Lubich che quando rischiava di morire sotto le bombe a Trento, durante la Seconda guerra mondiale, aveva il rammarico di non poter più recitare in terra l’Ave Maria. E nell’ottobre del 2002 disse: «Tra le tante preghiere della giornata, ce n’è una che a me piace particolarmente: questa preghiera è il Rosario». E la riteneva una preghiera «moderna, anzi modernissima, perché la Madonna anche nelle ultime apparizioni parla del Rosario». Anche a Fatima, dove Maria invitava i tre pastorelli a pregare il Rosario per la pace. Due di loro nel 1918, Francisco e Giacinta, morirono della pandemia di febbre spagnola.

 

 

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