Il Coronavirus e la strada sbagliata da evitare
Da toscano, subisco il fascino della storia locale. Di recente rileggevo della battaglia di Campaldino: fu il punto culminante di una lunga sfida per l’egemonia della Toscana, a cui aspirava la Firenze ghibellina del XIII secolo.
Nel 1280, mentre si preparavano i piani per muovere verso Arezzo (la battaglia fu combattuta l’11 di giugno) la città era tenuta da un governo di popolo, che loro chiamavano “governo largo“. Non dobbiamo pensare ad una democrazia in senso modero: dal governo erano esclusi tutti coloro che non avevano un alto ceto sociale o un reddito elevato. Loro lo chiamavano “governo largo” e aveva una caratteristica: ogni decisione si prendeva insieme, in assemblea.
Uno dei mercanti al potere, Duccio Boncompagni, ci racconta di come fu presa la decisione della via da seguire per attaccare Arezzo. Si poteva passare dal Valdarno o dal Casentino: questo secondo cammino era impervio, facilmente controllabile dai nemici e molto più faticoso. Pare che il campo base fosse già stato predisposto all’imbocco della via più logica e semplice.
Il governo di popolo convocò, come costume in questi casi, un’assemblea (si usavano assemblee per decidere qualsiasi cosa) nel luogo più rappresentativo della città: il Battistero di San Giovanni. All’epoca tutti i fiorentini viventi in città erano stati battezzati lì e quella scelta era un modo per richiamare l’appartenenza comune, il legame indissolubile che li faceva essere comunità: le decisioni si prendevano nel luogo dal quale iniziava la storia di ciascuno.
Duccio ci dice che fu decisa la strada sbagliata. Si scelse di passare per il Casentino, con incertezze e rischi che tutti gli esperti comandanti e i condottieri consideravano inutili. Ma ormai si era votato e alla fine, tutto sommato, nessuno sapeva cosa sarebbe potuto succedere. Con un fatalismo che oggi fatichiamo a comprendere, Duccio dichiara: in grazia di Dio, tutto andò bene lo stesso.
Quando si abbandonano delle posizioni sicure, fortificate, e si deve uscire in battaglia, non è semplice farsi un’idea di quello che ci aspetta. Anche adesso, nella cosiddetta Fase 2 dell’emergenza coronavirus, il calo dei contagi e dei ricoveri è un dato consolidato e sicuro.
Ma, come si è più volte osservato, quella rassicurante curva a campana che scende è frutto della sommatoria di molte e diverse curve locali. Ogni Regione e ogni comunità di individui replica su scala più piccola lo stesso modello: ascesa della curva, flesso, picco, stabilizzazione, discesa. È la forma grafica di una legge matematica, che descrive la diffusione di un fattore trasmissibile in una popolazione suscettibile; il suo sviluppo nel tempo è in parte prevedibile, in parte no.
I tecnici valutano in ogni fase l’incidenza e la prevalenza dei casi, la pendenza della curva e il famigerato R0, un indicatore derivato che ci dice in pratica quante persone vengono contagiate da ogni malato. Su quest’ultimo numero si è concentrato il lavoro dell’Istituto Superiore di Sanità, che ha elaborato una simulazione molto coraggiosa per offrire una serie di scenari verosimili con cui confrontarsi; in pratica nel documento tecnico, piuttosto difficile da leggere (ma corredato di conclusioni e raccomandazioni accessibili), si risponde ad una serie di domande del tipo “cosa succede se…?”
Dietro al “se” sono state messe le varie ipotesi di riapertura: cantieri, ristorante, settori commerciali, scuola, trasporti e alcune variabili sociali. Le varie risposte cercano di stimare come cambierebbe R0, il numero di persone che finirebbero in rianimazione e la data entro la quale si raggiungerebbe un nuovo picco.
Questi calcoli considerano diversi fattori, come la suscettibilità all’infezione da parte delle diverse fasce d’età, il numero di contatti sociali di ogni categoria di persone, e il livello di riduzione della mobilità sociale raggiunto nella fase di lockdown.
Questi parametri sono stati calcolati al meglio delle informazioni disponibili, ricorrendo a studi statistici precedenti, alle analisi di “big data” e alle evidenze scientifiche più recenti. Poi ci sono le stime sull’efficacia delle mascherine e delle misure di distanziamento sociale nell’impedire nuovi contatti: numeri che dipendono dall’adesione che ogni cittadino avrà alle misure raccomandate.
L’altra cosa da sapere è che la simulazione segue un modello iterativo, sempre uguale a sé stesso: da un passo all’altro non si introducono variazioni né nei comportamenti dei cittadini né nelle regole. Per cui si assume ad esempio che le scuole, i trasporti e i ristoranti resterebbero aperti anche quando ci saranno già migliaia di pazienti in rianimazione. Dunque tutto questo è la proiezione di un calcolo matematico, non la realtà: è come pensare di poter raddoppiare la pasta lievitata all’infinito! Sappiamo che non succede così, ma usiamo lo stesso il tempo di raddoppio per calcolare l’ora in cui accendere il forno.
Questo modo di procedere è corretto dal punto di vista tecnico e non deve trarci in inganno: nella realtà, se la situazione epidemiologica dovesse cambiare, l’impostazione della fase 2 si modificherebbe di conseguenza.
Qual è allora il senso di questo documento? Fornire una mappa sulla quale orientarsi per scegliere ad ogni passo la nostra strada. Una mappa che deve stare aperta sulla cabina di pilotaggio e osservata con attenzione per capire i risultati di ogni manovra.
Aprire le scuole, attendere ancora, scegliere la data delle riaperture con differenze fra una zona e l’altra: sono tutte scelte che comporteranno uno spostamento lungo i percorsi possibili che sono riportati nella mappa; sapere dove va la strada ci consente di accorgerci per tempo se abbiamo scelto quella sbagliata e correggere la rotta.
Un occhio agli scenari dell’ISS e uno alla “spia” di R0: è così che andremo avanti nei prossimi giorni. Duccio e sui compagni, sulla via del Casentino, dovettero affidarsi agli esploratori, ai ricordi di chi conosceva il cammino, alle incertezze del paesaggio del Pratomagno, seminascosto dalla nebbia. Quando schierarono le truppe sulla spianata di Campaldino non avevano simulazioni matematiche per prevedere l’esito delle diverse manovre.
In grazia a Dio, tutto andò bene lo stesso – direbbe Duccio. Ma anche allora, dipendeva tutto da loro.