Coronavirus, la Campania tra emergenza e solidarietà
In base ai nuovi dati pubblicati stasera dalla Protezione civile, in tutta Italia ci sono, al momento, 70.065 persone positive al Coronavirus. 92.472 i casi totali, 12.348 le persone guarite. I morti sono 10.023. In Campania, invece, i casi attualmente positivi sarebbero 1.407, ma potrebbero diventare 3.000 nella prima settimana di aprile, quando sarebbe previsto il picco, secondo il governatore, Vincenzo De Luca, che si mostra ogni giorno più combattivo e sfodera tutte le sue armi, istituzionali e verbali, per combattere questa che è una vera e propria battaglia. L’epidemia è diffusa in tutto il territorio regionale, principalmente nella provincia di Napoli, più densamente popolata, e con diversi focolai in alcune città delle province di Avellino e Salerno, che sono state dichiarate “zone rosse”.
Numerosi ospedali, tra cui alcuni di quelli che per una dissennata politica sanitaria degli ultimi anni erano stati chiusi o ridotti nelle prestazioni, sono stati trasformati in Covid Center ed è proprio qui, come nei grandi ospedali dei capoluoghi, che medici, infermieri, operatori sanitari, addetti alle pulizie e vigilanti stanno dando il meglio di sé. Come i 5 infermieri, per i quali era previsto il trasferimento in altro ospedale non dedicato all’epidemia, che hanno deciso di restare laddove c’era più bisogno di loro. In tutta la regione, così come in tutta Italia, non si contano i casi di eroismo del personale sanitario, che sta pagando con la vita la propria dedizione al lavoro, con oltre 50 medici morti finora, tra questi anche Maurizio Galderisi, cardiologo e docente all’Università Federico II, senza contare infermieri, operatori sanitari, farmacisti, ecc.
Il primo contagio in Campania è stato registrato il 26 febbraio. Per i primi giorni i casi sono aumentati nell’ordine delle unità, poi delle decine, fino ad attestarsi negli oltre cento al giorno degli ultimi tre giorni, per un totale di 1528, tra cui 64 guariti e 98 morti. Grande preoccupazione destano le case di riposo per anziani o i comuni con folta presenza di immigrati in precarie condizioni igieniche, come Castel Volturno.
Le strutture sanitarie della Regione non potrebbero reggere un numero di contagi come quelli che si stanno verificando in Lombardia, Veneto ed Emilia, anche se si sta provvedendo a un significativo potenziamento. Dall’iniziale unico centro per i tamponi si è arrivati a 8 laboratori autorizzati e anche i posti in terapia intensiva aumenteranno nei prossimi giorni. Quello che manca sono i DPI, dispositivi di protezione individuale, come mascherine, tute, guanti, occhiali e le attrezzature mediche, come ventilatori, maschere, tubi endotracheali, ecc. Proprio su questo tema si è accesa negli ultimi giorni una polemica tra De Luca e il governo centrale, con botta e risposta molto piccate. Effettivamente la quantità di materiale spedito non corrisponde a quanto realmente arrivato dove necessario e la Protezione Civile nazionale ha ammesso che qualcosa non ha funzionato a dovere. De Luca, poi, com’è nel suo stile, non ha rinunciato a polemizzare ulteriormente sulla qualità delle mascherine, in uno dei quotidiani video postati sui social. Le sue uscite sopra le righe trovano l’approvazione di una buona parte di cittadini, che comprendono la necessità delle maniere forti. Ogni tanto esagera, come quando minaccia i laureandi di inviare i Carabinieri con i lanciafiamme, ma il suo linguaggio duro risulta molto efficace. Anche se, purtroppo, sono moltissimi quelli che ancora vanno in giro senza ragione oppure organizzano pericolosi assembramenti. Ha avuto risalto a livello nazionale il ricorso, respinto dal Tar, di un giornalista contro l’isolamento impostogli dopo le sue cronache di girovago senza necessità in una Napoli semivuota.
Purtroppo, anche la criminalità si aggiorna e adatta i propri traffici all’emergenza: mentre, con i negozi chiusi, crollano le estorsioni, i pusher si attrezzano di guanti e mascherine e offrono la consegna di droga a domicilio
Oltre a quello sanitario, un altro fronte molto caldo è quello sociale, nel quale la Chiesa e i volontari sono in prima linea, assieme alle Istituzioni. I senzatetto, le famiglie a basso reddito, le collaboratrici familiari non inquadrate e, soprattutto, coloro che tirano avanti con lavori saltuari, spesso in nero, sono al limite della povertà e per loro non sono previste indennità o sostegni da parte dello Stato. Alcuni sono aiutati dalle Caritas Diocesane, dalla Comunità di Sant’Egidio, da altre associazioni cattoliche e laiche o da singoli cittadini animati da buona volontà, ma il numero è eccessivo. Considerando che sono migliaia le persone che vivono grazie all’economia sommersa, non sarà sufficiente e il dopo epidemia sarà ancora più difficile da gestire.
Già si stanno verificando furti o sottrazione di generi alimentari nei supermercati o, peggio ancora, di materiale sanitario negli ospedali. Anche le case famiglia e i centri di accoglienza che non sono stati chiusi tirano il fiato, senza gli aiuti economici e il sostegno dei volontari è davvero un’impresa portare avanti 10, 15 persone, tra cui principalmente bambini, sotto lo stesso tetto. Per tutti loro è necessario uno sforzo globale, di tutta la comunità.
A causa dei negozi chiusi e delle altre attività bloccate, sono già tante le famiglie in difficoltà economica. Nel Napoletano si è perciò diffusa la “Spesa sospesa”. L’iniziativa, ispirandosi al famoso “caffè sospeso” offerto ai poveri, è nata per non lasciare indietro nessuno, come un’unica famiglia… Nei supermercati sono stati quindi riservati degli appositi carrelli dove si raccolgono generi di prima necessità per famiglie e persone disperate. Altrove sono la Protezione civile, il sindaco, i servizi sociali o associazioni a ritirare la spesa sospesa e distribuirla alle persone realmente bisognose.
Come ha detto venerdì 27, in piazza San Pietro, il papa, «su questa barca ci siamo tutti, tutti. Non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme».