Coronavirus: la Bce oltre la gaffe
Venerdì 13 marzo 2020, parlando a porte chiuse con il massimo organo decisionale della BCE, la presidente Christine Lagarde si è scusata per gli incauti commenti che hanno causato il più pesante crollo dei titoli di stato italiani negli ultimi dieci anni.
Durante la conferenza stampa del giorno prima, la presidente della BCE, facendo riferimento al divario tra i rendimenti obbligazionari italiani e tedeschi – che è un indicatore chiave di rischio per la solvibilità del bilancio pubblico italiano – aveva notato come la riduzione dello spread non sia un compito di pertinenza della BCE.
Questo inciso, infelice (nella tempistica) quanto corretto (nella sua fredda tecnicità), ha suscitato timori che la BCE si stesse di fatto ritirando dall’essere – in caso estremo – un potenziale prestatore di ultima istanza a favore dell’Italia, la cui economia è ad oggi di fatto paralizzata dal dilagare del coronavirus.
Le più aggiornate previsioni economiche – ma è tutto un continuo divenire – stimano che la nostra economia reale si confronterà con una profonda recessione, mentre i prospettati 25 miliardi di euro di spesa extra del Paese aumenteranno i già critici livelli di debito pubblico.
La presidente, ben conscia della sua maldestra uscita, ha anche tentato di reagire rapidamente e pubblicamente dichiarando in un’intervista televisiva che era «totalmente impegnata a evitare qualsiasi frammentazione in un momento difficile per l’area dell’euro».
Il principale economista della BCE, Philip Lane, ha anche cercato di rassicurare i mercati sul fatto che la banca centrale non avrebbe lasciato l’Italia allo scoperto nel fronteggiare questa critica ed assolutamente inedita calamità capace di paralizzare un intero Paese.
Tuttavia, la fredda considerazione della Lagarde è stata ben applaudita in alcuni ristretti circuiti, in particolare in Germania: «Come ha giustamente affermato il presidente Lagarde, non spetta all’ Eurosistema ridurre i differenziali dei tassi di interesse», ha scritto domenica un gruppo di alti funzionari tedeschi in pensione sulle pagine del Frankfurter Allgemeine.
Chi scrive ha vissuto e lavorato (con grande piacere!) in Germania per diversi anni. Così, per curiosità ho sentito qualche amico per avere una loro impressione in merito. Per esempio Julian, 36 anni di Colonia che lavora per una start-up che produce zainetti eco-sostenibili, mi ha scritto su whatsapp (non sul Frankfurter Allgemeine): «l’Italia, con tutto il suo sistema della moda, è uno dei nostri mercati di riferimento, il nostro solo interesse è che le cose vadano il meglio possibile». Differenze generazionali di priorità, differenze di orizzonte…o magari è solo l’Erasmus?
A differenza di Draghi e del suo “whatever it takes” per salvare l’euro nella crisi del 2012, Lagarde non è un’economista navigata e ha poca esperienza nel campo della politica monetaria. Poco dopo essere diventata ministro delle finanze francese nel 2007, Christine Lagarde è stata presto soprannominata “Madame la Gaffe” per qualche sua uscita particolarmente naïve. Tuttavia – va riconosciuto – durante i suoi recenti otto anni di direzione del Fondo Monetario Internazionale, crisi finanziari inclusa, il suo operato è stato buono.
Il board della BCE la scorsa settimana ha annunciato piani per acquisti di attività extra per 120 miliardi di euro, oltre al programma esistente già in essere. Philip Lane, membro Irlandese del comitato esecutivo della BCE e braccio destro del presidente, ha prospettato «una presenza più marcata della BCE sul mercato obbligazionario durante le fasi di maggiore volatilità».
Un segnale altamente rassicurante e responsabilmente orientato (vedi anche l’intervista a Cottarelli qui). Il nuovo pacchetto di politica monetaria – che comprende più prestiti a basso costo e minori requisiti patrimoniali per le banche – è già stato concordato all’unanimità dal consiglio direttivo della BCE.
Voltiamo pagina e guardiamo avanti. La solista ha steccato alla prima, ma l’orchestra è solida e conosce molto bene lo spartito da suonare.
Tommaso Reggiani (Cardiff University, lecturer in Economics)