Il coronavirus e gli iceberg

Dalla conferenza stampa della Protezione civile abbiamo appreso che si registrano 2.477 contagiati in più di ieri. Veniamo così a un numero di pazienti attuali di 83.049. 115.242 i casi totali, 18.278 le persone guarite, 13.915 i morti. Ma concediamoci alcune considerazioni più generali ispirandoci alla storia coloniale inglese... e agli iceberg.

Alle fine delle guerre napoleoniche, l’Inghilterra era avviata verso l’apice della potenza imperiale; di lì a un secolo la sua bandiera, la Union Jack, avrebbe sventolato su un quarto della superficie del pianeta e ombreggiato 450 milioni di sudditi. Come tutte le epopee, anche quella coloniale descrisse una campana e il suo inizio fu impressionante: l’energia di quella crescita espansiva parve inesauribile agli uomini dell’epoca, che si sentivano chiamati a dominare il mondo. Chissà se il coronavirus, nel suo minuscolo cervello a Rna, concepisce qualche pensiero del genere mentre osserva dall’alto del suo plateau il suo temporaneo dominio sull’epidemiologia mondiale. Sicuramente non può sapere che c’è un’altra cosa, oltre all’andamento delle curve, che lo accomuna con la storia della marina britannica: gli iceberg.

Dopo Waterloo e la sconfitta definitiva di Napoleone, l’ammiragliato di sua maestà dovette decidere cosa farsene di tutte quelle mastodontiche navi da guerra e di una generazione di formidabili comandanti; intraprendenti, preparatissimi e scalpitanti come cavalli da guerra tenuti al pascolo a primavera. La risposta stava nel motto del sovrano inglese: Dieu et mon droit. Dio e il mio diritto: il Signore aveva dato all’Inghilterra le capacità e quindi la missione di dominare il mondo. Dunque, per cominciare, era il momento di finire di esplorarlo.

All’epoca nel mappamondo c’erano ampie zone grigie, soprattutto nell’emisfero meridionale; i mari e le coste a Sud del Rio della Plata, le frastagliate rientranze dello stretto di Magellano e l’affascinante, surreale scenario della Terra del Fuoco attendevano le navi e i loro capitani coraggiosi. La bandiera della Regina fremeva al vento delle Falkland, ansiosa di veleggiare verso la costa patagonica issata sui pennoni della flotta più forte del mondo.

L’epoca dei giganti dell’esplorazione moderna era cominciata. Una storie per tutte è l’epopea del brigantino più famoso di tutti i tempi, il Beagle del capitano FitzRoy, che coi suoi viaggi fra gli anni ’20 e ’40 del XIX secolo ci ha lasciato in eredità la storia degli indigeni fuegini, il meraviglioso diario di Darwin e le basi della teoria dell’evoluzione. Ci sono pagine di affascinante poesia che descrivono lo stupore degli uomini dinanzi a quel mondo silenzioso e crepuscolare, con le cime purissime innevate dei Cerri che precipitano lungo i fianchi verdi di betulle fino al mare turchese e immobile. Chi ha visto quel paesaggio non dimentica facilmente i suoi colori saturi e lividi, i contorni nitidi delle baie, punteggiate dalla luce australe che dardeggia al di là del canale di Beagle (il cui nome naturalmente è un’altra eredità della piccola nave coraggiosa).

Quella luce, con il suo angolo di incidenza così marcato, è perfetta per penetrare lo spessore traslucido del ghiaccio che dissemina i tratti più pericolosi di quei bracci di mare. Gli uomini ne sono stati sempre affascinati: a metà fra terra e mare, quelle masse insidiose hanno sempre suscitato emozione e terrore.

Ma cosa c’entrano gli iceberg con le epidemie? Una massa galleggiante in larga parte immersa è perfetta per descrivere un fenomeno che in questi giorni caratterizza il numero di casi attualmente positivi.

Questo dato varia ogni giorno in questo modo:  positivi di oggi = (positivi di ieri) + (nuovi casi di oggi) – (guariti) – (deceduti)

A differenza della curva logistica, il grafico ha la forma di una campana: quando scende, vuol dire che i casi nuovi sono meno dei guariti e dei deceduti.

La situazione in Italia ad oggi è questa:

graf-1

Se le cose continuano ad andare in questa direzione, i “nuovi casi di oggi” saranno sempre meno e quindi il “saldo” descritto sopra comincerà ad essere prima in pareggio e poi negativo. 

Per descrivere questo fenomeno si può far ricorso al “trend di crescita”, ossia mettere su un grafico il rapporto fra i casi di ieri e quelli di oggi e vedere quanto sia stato grande l’incremento.

La situazione in Italia ad oggi è questa:

graf-2

Come si vede, in Italia il “saldo” dei casi attuali è ancora positivo (si cresce di una piccola percentuale ogni giorno); infatti siamo ancora nella prima parte della curva a campana. È prevedibile che, per effetto della diminuzione dei contagi e dell’aumento delle guarigioni, si cominci presto a spostarci nella parte in discesa. Ma ancora questo non avviene.

C’è però un fatto, che naturalmente ha a che fare con i ghiacci galleggianti: fin qui abbiamo misurato quasi solo i casi sintomatici, che sono la punta del nostro gigante immerso. Il resto dei casi, quelli che non sviluppano sintomi, si possono individuare solo con ricerche mirate (inseguendo i contatti dei sintomatici) o con screening a tappeto, magari sui lavoratori a maggior rischio.

È quello che si sta facendo in questi giorni: tiriamo fuori l’iceberg dall’acqua e mettiamo in evidenza un maggior numero di casi asintomatici. Domani vedremo meglio l’effetto di questo fenomeno sulle misure di gravità della malattia e il suo impatto sul sistema sanitario. Per oggi possiamo ricordarci una cosa, un’altra lezione dal nostro generoso passato. Quegli esploratori, capitani o semplici marinai, erano animati dallo spirito del loro tempo: nessuno ha nostalgia dell’imperialismo coloniale e dei suoi orrori. Ma possiamo lo stesso vedere in positivo il coraggio, lo spirito di avventura, il desiderio di andare più in là.

La voglia di capire e conoscere è il miglior antidoto alla paura e può aiutarci anche oggi a non chiuderci nel nostro timore: andiamo oltre anche noi, esploriamo strade nuove per convivere con l’incognita della malattia, di cui ancora sappiamo poco, e con i suoi risvolti sociali. Tiriamo fuori il dannato iceberg dall’acqua, guardiamolo sciogliersi al sole, prendiamogli le misure: e non facciamoci paralizzare dalla paura. Anche la sua curva, come tutte le altre, è segnata.

Per approfondire, leggi anche “Coronavirus, i numeri dell’epidemia

 

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