Coronavirus, gli anziani (non più) scartati

Possono gli anziani contagiati da coronavirus essere scartati dalla terapia intensiva perché con poche "speranze di vita"? L'esperienza del dottor Valter Giantin nel Comitato etico di Padova.
Un paziente nel reparto intensivo (AP Photo/Francisco Seco)

Gli anziani sono il suo mondo, il suo lavoro, il suo orizzonte di cura, anche in tempi di pandemia di coronavirus. Valter Giantin da 25 anni è un apprezzato geriatra e negli ultimi anni è vicepresidente del Comitato etico per la pratica clinica dell’Azienda Ospedale-Università di Padova, dove nei reparti Covid sono stati ricoverati i primi contagiati al virus, dal primo focolaio di Vo’ Euganeo.

In Veneto i contagiati di coronavirus dall’inizio dell’emergenza raggiungono quasi quota 17 mila, circa 4 mila solo nella provincia di Padova, in gran parte anziani sopra i 74 anni con patologie pregresse.

Si cura solo chi può sopravvivere?

Un documento della Siaarti, la Società italiana di anestesia analgesica rianimazione e terapia intensiva, uscito il 6 marzo, su “Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione, in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili” lo allarma perché oltre a presentare alcuni spunti etici interessanti, ne propone altri molto discutibili. Si parla, in modo improprio, di “medicina delle catastrofi” assimilando la pandemia a una guerra o ad altre calamità naturali improvvise e disastrose. Si chiede di favorire l’accesso alla terapia intensiva dei «pazienti con maggiori possibilità di successo terapeutico: si tratta dunque di privilegiare la “maggior speranza di vita”». Si consiglia di fatto di curare non chi arriva prima in terapia intensiva ma solo chi, secondo un criterio anagrafico, ha più possibilità di sopravvivere. «Ma – chiosa il dottor Giantin – spesso l’età anagrafica non corrisponde all’età biologica. Ho visto alpini di 100 anni lucidi stare ritti in piedi per sei ore con una bandiera in mano. Non si può dare priorità solo in base all’età, anche se così hanno fatto in Francia e in Svezia dove i malati di Covid-19 sopra i 70 e 80 anni sono esclusi dalla terapia intensiva».

Problemi etici  

La pandemia pone dei problemi di tipo etico. Chi salvare? Quali sono i criteri? Può un medico non prendersi cura di ogni paziente? Il documento, inoltre non cita «altre possibili risposte alla pandemia – continua il dottor Giantin – che si potevano mettere in atto per evitare la scelta dei pazienti secondo priorità dei soli medici rianimatori. Ad esempio aumentare i posti nelle terapie intensive, creare più reparti di terapia semi-intensiva, dislocare in aree meno colpite dall’epidemia alcuni pazienti di terapia intensiva, ecc… Molte di queste risposte si sono poi concretizzate in effetti nel tempo, nelle regioni d’Italia più colpite dall’epidemia, come ad esempio la Lombardia ed il Veneto». Che fare allora? Lasciar perdere? O convocare il Comitato etico del suo ospedale mentre tanti medici sono in prima linea per la pandemia da coronavirus?

valter giantin coronavirus
Valter Giantin

L’iniziativa del Comitato etico   

«All’inizio sono un po’ restio a mettere in atto una riflessione approfondita su questo autorevole documento, per lo sforzo che richiedeva e per le scarse possibilità che ritenevo ci potevano essere nella mia realtà aziendale. Ma una frase del Vangelo mi interroga: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti”. Alcune parole di essa mi colpiscono particolarmente: “Tutto. Legge. Profeti”. Toccava a me fare il “tutto” che potevo, e la vera “legge”, anche “profetica”, non poteva che venire da questo amore trinitario tra me, il mio prossimo e Dio».

È convocata una riunione d’urgenza, per la prima volta in videoconferenza, del Comitato etico dell’ospedale di Padova per analizzare il documento della Siaarti e «così nell’arco di soli 3 giorni, siamo riusciti a vederci e a lavorare tutti insieme come Comitato, e nel giro di una sola settimana elaborare, lavorando anche di notte, un nuovo documento sull’emergenza Covid». Documento, poi, approvato dalla Direzione generale e sanitaria e inviato via mail a tutti i 5 mila dipendenti dell’Azienda Ospedale-Università di Padova.

«Nel documento – spiega il dottor Giantin – , oltre a citare la possibilità di aprire nuove e più articolate risposte sanitarie alla epidemia e delineare la necessità di valutare più dimensioni prima di una eventuale priorità da assegnare nella scelta dei pazienti, abbiamo anche dato la nostra piena disponibilità come Comitato Etico ad analizzare casi clinici più complessi, anche in urgenza, vista la straordinarietà di quest’epidemia».

I primi casi affrontati

Solo due giorni dopo arriva al Comitato Etico la richiesta di un parere di alcuni primi casi: pazienti concreti e non numeri astratti. È chiesto di valutare se un uomo e una donna con tumori in fase avanzata debbano per esigenze di posti-letto lasciare la terapia intensiva perché affetti da Covid-19 e con scarse possibilità di sopravvivenza. «A meno di sei ore dalla richiesta – dice Giantin – produciamo un primo parere clinico-etico condiviso da tutti: i pazienti non hanno sufficienti criteri per uscire dalla terapia intensiva tanto più che la Direzione sanitaria propone dei posti in eccesso facilmente attivabili. Un grande conforto ci giunge poi dal responsabile della Terapia intensiva, con cui ci eravamo collegati in videoconferenza mentre lavorava tutto bardato per l’emergenza in reparto. Ci racconta che come non mai aveva sentito, anche da quanto poi abbiamo prodotto di formale, la vicinanza della direzione e di altri colleghi alle scelte che doveva assumere, e la profonda condivisione anche della sofferenza con cui aveva posto le richieste al Comitato Etico».

Un’altra buona notizia è che qualche tempo dopo il Comitato Nazionale di Bioetica ha steso un documento che prende spunto e base di riflessione quello prodotto dall’Azienda Ospedale-Università di Padova.

Per una nuova cultura 

«Per mio conto – conclude il dottor Giantin – ho capito quanto sia stato importante cercare di mettere in pratica il Vangelo e in questo modo assistere chi si trova a essere paziente, magari in terapia intensiva, e con patologie gravi. Ma anche favorire una nuova cultura, diversa da quella imperante dello scarto, come dice papa Francesco, e aiutare così anche tutti i colleghi della mia Azienda a riflettere su questo argomento così attuale e difficile, da affrontare sempre con la mente e il cuore ben connessi».

Leggi anche:

Coronavirus: «Sono guarito»

Coronavirus, l’ultima Amuchina

Coronavirus, un’infermiera in prima linea

«Ho aiutato una mamma a salutare i quattro figli per sempre»

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons