Coronavirus, famiglie da sole nella tempesta

Le misure adottate per contrastare la pandemia hanno reso evidente la carenza di una politica lontana dalle esigenze delle famiglie con figli. Dalla scuola ai tempi di lavoro e alla precarietà insostenibile. Proposte concrete dal Forum famiglie
AP Photo/Michael Probst

Stiamo tutti attenendo la tanto agognata “fase 2”: la ripresa, per quanto graduale, del lavoro e di un minimo di vita al di fuori dalle mura domestiche.

Si fa tanto parlare del come e del quando; scandendo anche la possibile tempistica delle riaperture, prospettando il prossimo autunno per quella della scuole. E se quest’ultimo punto è ormai stato confermato dalla ministra Azzolina, ciò porta con sé un altro problema: ossia che finché le scuole sono chiuse, per chi ha figli non sarà possibile ripartire davvero.

E non è un dibattito da relegare nelle retrovie in virtù della bassa natalità del nostro Paese: stiamo infatti parlando di oltre 4 milioni di bambini solo per la scuola dell’infanzia e primaria, che hanno dietro di sé più o meno altrettante famiglie (data l’alta percentuale di figli unici).

Aggiungiamoci quelli che frequentano il nido e parte della scuola secondaria, dato che lasciare a casa da solo un ragazzo di tredici anni (per quanto autosufficiente) è pur sempre abbandono di minore, e abbiamo superato abbondantemente questa cifra. In assenza di misure più incisive per la conciliazione famiglia-lavoro, arrivare all’autunno è dura per chi ricomincerà a lavorare (o non ha mai smesso).

Il congedo parentale attualmente previsto è di 15 giorni al mese e al 50% della retribuzione per uno dei genitori, e quindi presuppone che si sappia che cosa fare gli altri giorni e che ci si possa permettere la decurtazione dello stipendio; il bonus baby sitter (alternativo al congedo) presuppone che la baby sitter ci sia (cosa non scontata in tempi di isolamento sociale), che sia in regola (altra cosa non scontata nel nostro Paese), e che 600 euro bastino (ipotizzando 10 euro l’ora, coprono meno di due settimane).

Sorvoliamo sulle partite Iva, perché non hanno un datore di lavoro da cui congedarsi e non sempre hanno effettivamente diritto al bonus baby sitter o ad altre provvidenze (le casse previdenziali diverse dall’Inps hanno infatti previsioni a sé stanti), nonché sui precari.

E non è vero che “tanto la scuola finisce a giugno”, perché molti ragazzi frequentano attività estive che quest’anno non ci saranno, e molti nidi rimangono normalmente aperti fino a fine luglio.

Questa volta, peraltro, sarà difficile anche fare affidamento sulla proverbiale capacità della famiglia allargata italiana di provvedere a qualunque cosa: sconsigliabile affidare i bambini ai nonni, dato che questi ultimi sono più a rischio.

Anche la didattica online e lo smart working, che pure hanno dato i loro buoni frutti, non possono rispondere alle esigenze di tutti: provate, se ci riuscite, a lavorare da casa con un bimbo di tre anni che di lezioni online non ne segue, e se osate sedervi davanti allo schermo di un computer per più di dieci minuti di fila ha, nell’ordine, creato un tornado in salotto, pizzicato le dita nella porta correndo da voi piangente, e chiesto tre volte la merenda.

Il tutto supponendo di avere un figlio sano: perché chi faceva affidamento su centri diurni o su operatori a domicilio per assistere un bimbo disabile ora non ha questi servizi a disposizione, e l’estensione di 12 giorni dei congedi previsti dalla legge 104 aiuta ma non basta.

Sorvoliamo sulle conseguenze di non avere un educatore o un infermiere per la salute e lo sviluppo di questi bambini, delle quali si devono far carico i genitori.

Il tema della pressione posta sulle famiglie non è certo nuovo, ma ora è esploso in tutta la sua gravità. Tanto da far affermare al presidente del Forum delle Associazioni Familiari, GianLuigi De Palo, in un comunicato del 4 aprile scorso: «Noè costruiva l’Arca quando ancora c’era il sole. Da noi quando era necessario e semplice, nessun esecutivo ha mai messo le famiglie in condizione di svolgere la loro funzione generativa per la società. Ora paghiamo questo ritardo.

Adesso che diluvia, non riusciamo più a vedere il valore insostituibile delle famiglie. Sentiamo dire che servono strumenti nuovi: sì, occorrono strumenti inediti per sostenere le famiglie con i loro figli e non far implodere il Paese». Già, ma quali? E come affrontare la situazione nell’immediato, visto che la messa a punto di questi strumenti inediti può richiedere tempo?

«La cosa che lamentiamo come Forum è che non viene messo al centro chi in questo momento si sta caricando tutti gli oneri, ossia le famiglie – osserva la vicepresidente del Forum, Emma Ciccarelli –. La politica sta cercando di “tappare i buchi”, ma è necessario che si metta realmente in ascolto».

Ad esempio su temi come «il riconoscimento del carico familiare: per fare un esempio, strumenti come l’assegno per le partite Iva andrebbero commisurati al numero dei figli. Poi il divario tecnologico: alcune famiglie non sono preparate non solo in quanto a strumenti, ma anche in quanto a competenze informatiche, per gestire la didattica o il lavoro a distanza».

Sarebbero quindi utili non solo iniziative come l’acquisto di tablet e affini, ma anche «corsi di alfabetizzazione digitale per le famiglie».

Anche il tema della disabilità «sta a cuore al Forum – assicura la vicepresidente –: è necessario trovare nuove forme di domiciliarizzazione dei servizi, soprattutto per quelle disabilità psichiche per le quali la chiusura in casa è un problema».

Il Forum, riferisce la vicepresidente, ha elaborato delle proposte da presentare al governo; auspicando di avere un confronto proficuo prima della fatidica data del 4 maggio. Per ora sono bozze e quindi è prematuro parlare di contenuti; in ogni caso, «siamo convinti che la cultura del “noi” debba avere spazio in tutti gli ambiti in questo momento, rigettando quella delle pretese dei singoli».

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