Coronavirus, facciamo il punto
Che cos’è
Il 31 dicembre le autorità sanitarie cinesi hanno notificato dei casi di polmonite “di eziologia non nota” (ossia di cui non è conosciuto l’agente che le provoca) nella città di Wuhan. I casi si erano in realtà iniziati a contare già un mese prima, tra persone che avevano frequentato il locale mercato del pesce: un ritardo da subito bollato come inaccettabile dalla comunità internazionale. Il 9 gennaio è stato identificato sempre dalle autorità cinesi il nuovo coronavirus (2019-nCoV): probabilmente partito da animali, è ora in grado di fare il “salto di specie” e trasmettersi da uomo a uomo. I dati dei contagiati salgono rapidamente: al momento in cui scriviamo hanno di poco superato i 10 mila, di cui 6 in Europa e 2 in Italia – due turisti cinesi, attualmente ricoverati a Roma e in condizioni non critiche. I decessi sono circa 200, per cui attorno al 2% dei contagiati: una mortalità assai più bassa di altri virus simili, quello della Sars (il 10%) e della Mers (il 30%). Per avere un termine di paragone, nei Paesi “sviluppati” la comune influenza ha un tasso di mortalità 20 volte più basso; ma anche questa, per alcuni ceppi e in condizioni sanitarie diverse da quelle “occidentali”, ha raggiunto tassi analoghi o superiori. La trasmissibilità è abbastanza alta: si stima che ogni persona infetta possa contagiare 2,6 persone, praticamente il doppio dell’influenza (1,4), anche se siamo molto lontani da malattie come il morbillo (ogni persona malata può contagiarne 17). Si trasmette per via aerea, ossia tramite goccioline di saliva che la persona ammalata emette nell’aria.
Cosa si può fare
Sappiamo ancora poco di questo virus, il che naturalmente complica le cose. Non è nemmeno del tutto chiaro se anche pazienti asintomatici, nel periodo di incubazione, possano trasmetterlo: gli ultimi comunicati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dicono di no, ma un articolo pubblicato dal New England Journal of Medicine afferma che i casi registrati in Germania sarebbero partiti da una donna cinese che ha manifestato i sintomi solo successivamente. Trattandosi di un virus, gli antibiotici non sono efficaci; l’unica reale protezione sarebbe il vaccino, di cui però ancora non disponiamo (né disporremo a breve, dati i tempi necessari per la ricerca e sperimentazione di farmaci di questo tipo). Ciò che si può fare quindi è gestire i sintomi e le possibili complicanze fino alla guarigione – dato che, come afferma il sito Epicentro dell’Istituto superiore di sanità, la maggior parte dei coronavirus guarisce spontaneamente. La cosa è naturalmente più facile a farsi là dove sono disponibili strutture sanitarie efficienti: per questo a preoccupare è soprattutto la possibile diffusione del virus nel Sudest asiatico (o in Africa, dove non si sono ancora registrati casi ma i cinesi sono molto presenti), dove in molti casi queste mancano. Tutti i casi registrati in Europa, viceversa, non sarebbero in condizioni preoccupanti. Per prevenire il contagio è utile fare ciò che si farebbe per qualsiasi altro virus: lavarsi spesso le mani, starnutire coprendosi la bocca con il gomito, gettare immediatamente i fazzoletti dopo averli usati, evitare gli assembramenti di persone in luoghi chiusi e poco ventilati, nonché naturalmente il contatto con persone potenzialmente contagiate. Le mascherine (che tanto sono andate a ruba) sono utili per far sì che chi le indossa non contagi gli altri, ma poco efficaci nell’evitare di respirare i virus che altri hanno diffuso nell’aria.
In Italia
Nel nostro Paese, come dicevamo, sono due i casi registrati – due turisti cinesi che hanno soggiornato a Milano, Verona, Parma e Roma. Al momento nessuno di coloro che sono stati in contatto con loro risulta contagiato. Il Consiglio dei Ministri ha comunque dichiarato lo stato d’emergenza per 6 mesi a titolo precauzionale, nominando commissario il capo della Protezione civile e stanziando 6 milioni di euro. Anche i collegamenti aerei con la Cina sono al momento interrotti. Inoltre è stato attivato il numero di pubblica utilità 1500, che risponde 24 ore su 24 per dare informazioni in merito al coronavirus. Questo il link al sito del Ministero della Salute per tutto quello che c’è da sapere.
La lotta alle fake news
Purtroppo, come sempre in questi casi, le notizie false e gli episodi di vero e proprio razzismo e intolleranza sono montati. Nei quartieri cinesi delle nostre città si riferisce di negozi e ristoranti deserti, che rischiano di chiudere a breve; e alcune persone di origine cinese (magari nate qui e mai state in Cina) hanno riferito di essere state pesantemente attaccate e insultate. Si è registrato addirittura un episodio di intolleranza verso una bimba cinese alla scuola dell’infanzia. Certo, c’è chi risponde con ironia – come un ragazzo nato a Roma da genitori cinesi, che dopo essere stato apostrofato come “untore” in metropolitana se n’è uscito con un «Ahò signo’, guardi che io la Cina l’ho vista solo su Google Maps» –; ma c’è anche chi ha fatto partire la meno ironica campagna #iamnotavirus, in cui persone cinesi all’estero postano sui social proprie foto con questo hashtag. Intanto l’Istituto Superiore di Sanità ha dedicato una pagina appunto alle fake news: è falso ad esempio che il virus si possa trasmettere tramite oggetti prodotti in Cina (come ogni virus non può sopravvivere a lungo all’esterno dell’ospite), o per via alimentare (dato che è vietata l’importazione di animali vivi e carne cruda dalla Cina).