Coronavirus, Bergamo non si ferma
«In questa settimana c’è stata una riduzione costante dei contagi da coronavirus e così anche dei decessi. L’immagine della chiesa del cimitero di Bergamo, per settimane occupata dalle bare dei nostri concittadini e oggi finalmente vuota, è forse l’immagine che maggiormente ci dà l’idea di aver superato la fase più difficile e poter continuare a sperare». Con queste parole si è rivolto il sindaco di Bergamo Giorgio Gori a tutti i suoi concittadini la sera dello scorso sabato.
La situazione negli ospedali della Bergamasca sembra essere tornata quasi alla normalità e i medici possono tirare un sospiro di sollievo. I numeri dicono che a Bergamo e provincia i positivi sono 10.629, poco più di trecento in più rispetto alla scorsa settimana. I dati, quindi, sono incoraggianti, ma non ancora sufficienti per pensare di poter tornare alla normalità, come vorrebbe la Regione Lombardia, in pressing con il Governo su questo tema già da giorni. È acceso il dibattito e i cittadini chiedono risposte, non solo per quanto riguarda il mondo del lavoro, ma anche dal ministero dell’Istruzione perché, anche se sembra ormai certo che le scuole non riapriranno per concludere l’anno scolastico in corso, qualora i genitori tornassero al lavoro la gestione dei figli a casa diventerebbe complicata.
«Il merito di questo miglioramento è in gran parte vostro, di voi cittadini, che avete accettato di passare questo tempo a casa, sacrificandovi spesso in appartamenti poco spaziosi o in solitudine», aggiunge il sindaco Gori nel suo videomessaggio. «Grazie, quindi. Avevamo detto che facendo così saremmo riusciti a fermare il virus ed è quello che effettivamente è accaduto anche se piangiamo la scomparsa di centinaia di nostri cari e questa sarà una ferita che ci porteremo appresso per tanto tempo».
Bergamo non si ferma. Bergamo non si vuole fermare.
Sembra davvero che lentamente la nostra città si stia rialzando. E questo è anche grazie a tutti coloro che da vicino e da lontano hanno sostenuto in primis l’Ats e in particolare l’Ospedale Papa Giovanni XXIII, il cuore pulsante e il vanto della sanità bergamasca. Oltre ai medici e agli infermieri arrivati al Nord da tutta Italia e dall’estero, agli alpini e a tutti i volontari, ci sono state anche diverse raccolte fondi fuori dal nostro Paese. Vorrei raccontarvene una in particolare e cioè quella che organizzata a Sasbach, un paese del Land Sud-Occidentale della Germania chiamata Baden – Württemberg, vicino al confine con la Francia. Questo paese di poco più di 5000 abitanti è gemellato con il mio paese, Mapello. I due territori sono legati da una profonda amicizia e ogni anno organizzano eventi per celebrare questo legame speciale che li lega, un sentimento di profondo rispetto, amicizia e collaborazione.
Non appena hanno saputo delle difficoltà che stavano affrontando gli abitanti della provincia di Bergamo e di Mapello hanno pensato di organizzare una raccolta fondi per l’Ospedale Papa Giovanni XXIII. Nel giro di qualche settimana sono riusciti a raccogliere la cifra di 26 mila euro. Oltre a questo enorme aiuto economico il sindaco del paese e la referente per il progetto di gemellaggio hanno deciso, insieme al sacerdote della comunità cattolica di Sasbach, di riunirsi per un momento di preghiera dedicato alle vittime del coronavirus di Bergamo e di Marmoutier, l’altro paese gemellato con Sasbach, situato a Nord–Ovest di Strasburgo in Francia.
Nel 2014 sono stata anch’io a Sasbach per partecipare ad un progetto rivolto ai giovani dei paesi gemellati e ho potuto provare personalmente la generosità e l’apertura al prossimo che pervade le meravigliose colline di questo paese tedesco. Ci siamo vicini l’un l’altro in questo momento difficile per tutto il mondo, sperando di poterci rivedere e riabbracciare presto.
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