Corinne Bailey Rae. Elogio del dolore
La graziosa Corinne Rae non aveva ancora trent’anni ed era già una delle stelle più luminose della scena neo-soul planetaria. Corinne aveva già venduto quattro milioni di copie col suo album di debutto. Corinne andava forte in radio, ma anche la critica l’adorava, paragonandola addirittura all’indimenticabile regina del blues, Billie Holiday. Insomma: in quel fatidico 2008 Corinne si godeva il presente, e nel frattempo, assaporava e progettava un futuro ancora migliore.
Ma il 23 marzo di quell’anno suo marito Jason morì per overdose. E la sua vita cambiò in un istante: «Mi sentivo come se fossi sul fondo dell’oceano. Mi sentivo sommersa e sopraffatta. Anche adesso ci sono momenti in cui mi sembra che quella cosa non sia successa. Non ho scritto canzoni per quasi un anno, avevo perfino smesso d’ascoltarla, la musica», ha dichiarato di recente.
Poi, piano piano, Corinne ha ripreso a vivere e a lavorare. Ed oggi è finalmente tornata sui mercati, con un disco atteso quasi un lustro. Un disco che fin dall’incipit, la splendida Are You Here, dimostra quanto possa produrre la pesantezza del dolore se applicata alla levità dell’arte. Perché le undici canzoni di questo The Sea (Virgin) sembrano marinate nella sofferenza, e probabilmente proprio grazie a questa hanno acquisito sapori nuovi, inedite profondità e un’intensità espressiva che rende l’album un frutto assai più maturo e affascinante di quanto già non fosse il suo notevole debutto del 2006.
In fascinoso equilibrio tra l’immediatezza del soul-pop e la raffinatezza della canzone d’autore di matrice folk e blues, The Sea sta rilanciando la trentunenne di Leeds tra i più bei nomi della black-music odierna ed è da annoverarsi tra gli album più belli di questa nuova stagione. I suoi chiaroscuri, gli aromi agrodolci che esalano da ogni solco purificano la dolenza del concepimento ammantandola con una serenità d’insieme che attrae, commuove, e conquista.