Corchiano, l’orgoglio di un comune pulito

Nel viterbese sono i giovani i promotori di una raccolta differenziata giunta all'80 per cento. Intervista al sindaco Bendasi Battisti (nella foto)
Bengasi Battisti sindaco di Corchiano

«Quando si fa la raccolta porta a porta, il termovalorizzatore non ha motivo di esserci perché, con le scarse percentuali di indifferenziata prodotte, non ha carburante per funzionare. L’Italia deve decidere cosa fare. Deve scegliere se continuare ad investire nei termovalorizzatori, che comunque producono ceneri che vanno smaltite e non è vero che fanno risparmiare, o incentivare produzioni industriali sagge, che consentano il riciclaggio completo dei rifiuti. Se alcuni materiali non possono essere riciclati è a causa di errori industriali. Se questi vengono eliminati, il riciclaggio può essere totale». Siamo a Corchiano, comune di 4 mila abitanti del viterbese, con una differenziata all’80 per cento e l’obiettivo di arrivare a cento.

 

Nel 2010 è stato vincitore assoluto del premio Comuni a 5 stelle. Un riconoscimento, spiega il sindaco Bendasi Battisti (Pd), che si riferisce ad un insieme di pratiche virtuose che vanno dall’incremento della differenziata alla valorizzazione del territorio, dall’impegno per l’acqua pubblica all’istituzione di aree protette e al recupero del patrimonio archeologico. Sul fronte dei rifiuti, tutto è cambiato grazie al coinvolgimento dei giovani e al confronto con la popolazione. E i problemi? «Non ce ne sono stati. È stato un processo entusiasmante», assicura Battisti.

 

Sindaco, in pochi anni avete raggiunto l’80 per cento della differenziata, ma non deve essere stata una gran fatica, per un comune piccolo…

«La nostra (sorride) è stata un’esperienza particolare. Siamo partiti con una riflessione alla quale hanno partecipato gli amministratori e i ragazzi che ogni estate frequentano gli stage formativi che organizziamo per diplomati e studenti universitari. Uno di questi corsi ha trattato la raccolta differenziata dei rifiuti. Da lì è partita una fase di approfondimento sulla ricerca del metodo giusto per avere un paese migliore, più pulito. I ragazzi si sono occupati della sensibilizzazione, hanno preparato i depliant, lo slogan (“l’orgoglio di un paese pulito”), striscioni, coinvolgendo le famiglie e dando vita ad un dialogo e ad un confronto che hanno contribuito al buon risultato ottenuto. Noi non abbiamo avuto difficoltà, ma la differenziata porta a porta è un traguardo possibile anche per le metropoli. San Francisco, con 800 mila abitanti, quattro lingue parlate dalla popolazione e difficoltà di sensibilizzazione non indifferenti, è al 65 per cento della differenziata e vuole raggiungere i rifiuti zero nel 2020».

 

Qual è il segreto del vostro successo?

«C’è stato un percorso di grande confronto e coesione sociale: si è dibattuto, sono state espresse perplessità e trovate insieme soluzioni alternative. Quando, il 31 maggio 2008, abbiamo detto addio ai cassonetti, eravamo molto preoccupati: l’indomani avremmo potuto trovare di tutto per le strade, pur avendo consegnato i kit per la differenziata. Invece, il giorno dopo, all’esterno delle abitazioni, come previsto nei depliant, c’erano soltanto i cestini vcon l’organico. Da allora, si sta facendo un cammino insieme, sta nascendo una nuova sensibilità che favorisce l’incontro con l’altro e rafforza i legami sociali. Ci si sta interrogando su un consumo più consapevole. Abbiamo già realizzato due case dell’acqua pubblica, per risparmiare e non inquinare, e con la differenziata abbiamo raggiunto l’80 per cento, anche grazie al compostaggio domestico. Quando dalle strade spariscono i cassonetti, c’è qualcosa di grande che cambia nella percezione della propria città, che diventa più bella. Visti i risultati che abbiamo ottenuto, anche i comuni vicini hanno avviato la raccolta porta a porta e adesso, nel viterbese, siamo già una ventina a farla».

 

Un consiglio per i comuni in difficoltà?

«Creare un rapporto più costruttivo e coinvolgente con la gente. Nel corso di un incontro di sensibilizzazione nelle scuole, gli insegnanti hanno chiesto agli alunni perché fanno la raccolta porta a porta. Un ragazzino ha alzato la mano e ha detto: “Perché voglio contribuire alla pace”. Ci siamo guardati perplessi, ma lui ha spiegato: “La maggior parte delle guerre si fanno per il petrolio e io se consumo meno bottiglie di plastica contribuisco alla pace”. Siamo rimasti di stucco. Questi sono i risultati quando si agisce localmente pensando globalmente. I rifiuti sono diventati per noi una ricchezza, elemento di coesione sociale. Vanno gestiti bene, perché non si gioca sul futuro della comunità».

 

 

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