Coraggio Obama, libri e non missili
Che Emma Bonino e Umberto Veronesi, solitamente tutt’altro che teneri con la Chiesa cattolica, abbiano aderito all’invito di papa Francesco di riunirsi sabato 7 settembre in piazza San Pietro per digiunare per la pace in Siria non può che rendere felici tutti coloro che operano per il dialogo a 360 gradi. Perché vuol dire che un’altra tappa è stata superata: quella del muro contro muro tra certo mondo laico e certo mondo cattolico in Italia.
Ma ci si riunirà per la Siria: è questo il senso dell’appuntamento. Così, chissà, questo atto potrebbe toccare anche il cuore di chi vuole «dare una lezione ad Assad», e quindi al mondo intero. Suo malgrado, infatti, Barack Obama si ritrova a incarnare nuovamente (come Bush senior e Bush junior) il ruolo di “gendarme del mondo”, nonostante tutta la sua politica estera, almeno a parole, sia stata basata sul concetto di multipolarità del mondo globalizzato del XXI secolo.
È indubbiamente “la tentazione” statunitense, questa di autonominarsi poliziotto globale, mentre la forza che sottende a questa tentazione potrebbe diventare “la vocazione” statunitense. Basterebbe capire che invece delle armi servirebbero libri e scuole, centri culturali e aiuti allo sviluppo per contribuire a risolvere i gravissimi problemi del Medio Oriente. Perché Obama, in un sussulto di quella intelligenza prospettica di cui più volte ha dato prova, non si ricorda del suo lungo, articolato e ben noto discorso al Cairo del 4 giugno 2009, così da decidere di devolvere alla Siria, coi canali appropriati, il corrispettivo di quel che costerebbe una guerra «di “soli” 90 giorni» (sic!) per educazione, sviluppo e pane? Se manifestasse un tale coraggio, Obama si eleverebbe automaticamente a massimo leader mondiale.