Coraggio, Noemi!
Nella scuola di Noemi, la sua seggiolina gialla è vuota ormai da giorni. Da quando, lo scorso 3 maggio, mentre era insieme alla nonna in piazza Nazionale a Napoli, la bambina – di appena 4 anni – è stata colpita da un proiettile che le ha danneggiato entrambi i polmoni. L’obiettivo dell’assassino era un altro, Salvatore Nurcaro, rimasto ferito, ma è Noemi ad aver avuto la peggio e da giorni lotta per sopravvivere.
I medici dell’ospedale Santobono stanno facendo il possibile per salvarla e l’intera città sta pregando per lei col fiato sospeso. Anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Napoli per incontri istituzionali, ha voluto vederla e incontrare la sua famiglia per portare loro la solidarietà degli italiani.
Il ferimento della bambina e il cinismo del killer, che non ha esitato a scavalcare quel corpicino sul selciato per inseguire la sua preda, hanno scioccato i napoletani, che hanno manifestato per gridare la propria indignazione nei confronti della malavita, che continua a sparare, anche in luoghi pubblici, che ferisce innocenti, che opprime un territorio stanco di violenze e sparatorie.
La serie televisiva Gomorra da tempo mostra senza filtri la desolazione di chi sceglie la via della camorra. Una strada fatta di brevi episodi di potere e di tanta sopraffazione, di desolazione, lutti e disperazione. Ma un’alternativa esiste e, tra i manifestanti scesi in strada per “disarmare” la camorra, c’è chi lo ha detto a gran voce col megafono, davanti alle telecamere, senza paura: Antonio Piccirillo, figlio di Rosario, per anni boss del ricco quartiere Chiaia.
«Io voglio dire che i figli dei camorristi non vivono bene e che le loro famiglie fanno una vita da cane, quella che forse meritano. Ho 23 anni, è la prima volta che scendo in piazza. Lo faccio perché voglio un futuro migliore per la mia città e per le future generazioni». Mio padre, ha sottolineato Antonio, «ha fatto delle scelte sbagliate nella vita. Lo dico ai figli dei camorristi, amate sempre i vostri padri, ma dissociatevi dai loro stili di vita, perché non portano a nulla. I nostri padri ci hanno reso la vita difficile, quasi impossibile, ci hanno creato disagi esistenziali enormi. Chi fa soffrire la propria famiglia non può essere reputato un buon genitore. La camorra – ha aggiunto – ha sempre fatto schifo: le persone perbene rispettano gli altri e i camorristi non rispettano nessuno».
Con le sue parole Antonio ha ribaltato un mondo dall’interno. Ha mostrato che cambiare è possibile, anche se devi dire no e voltare le spalle alla tua famiglia. Questo ragazzo è un simbolo, potente e vero, del cambiamento. È giovane e con il suo coraggio e la sua decisione può contribuire a cambiare davvero le cose, a Napoli, insieme a chi era in strada con lui e alle tante persone oneste che continuano a indignarsi e a mostrare solidarietà alla famiglia di Noemi.
Il cancello dell’ospedale Santobono, dove la piccola è ricoverata, è ricoperto di scritte, disegni, fiori e palloncini. Il primo lo ha portato un ragazzino, perché la coscienza civile non appartiene solo agli adulti, che anzi forse talvolta preferiscono silenziarla. Ad appena 11 anni, Luigi, che frequenta la prima media, dopo aver saputo della sparatoria, ha chiesto alla mamma Barbara di portare un palloncino per Noemi in ospedale. Un’altra mamma aveva affisso la scritta “Forza Noemi” e tanto è bastato per far esplodere la solidarietà per la bambina e la sua famiglia. «Ho portato il palloncino a Noemi – ci spiega Luigi – perché mi è dispiaciuto quello che le è successo. È una bambina piccola e di soffrire a quell’età non lo merita». Cosa pensi di quanto è accaduto? «Chiunque fa del male ai bambini è una brutta persona. Quello che è successo mi provoca rabbia e compassione. Per me Noemi è un simbolo, una vittima della malavita di Napoli, che è una città bella da un lato, tenebrosa dall’altro. A Noemi e alla sua famiglia vorrei dire “coraggio”». Luigi, cosa pensi della camorra? «Buuuuu!».