Coraggio, dialogo e determinazione fondamenti della pace
Il rabbino David Rosen, direttore del Dipartimento per gli Affari interreligiosi dell’American Jewish Committee, anticipa il senso del suo intervento al sinodo dei vescovi sul Medio Oriente.
Insieme ai rappresentanti dell’Islam sunnita e sciita, al Sinodo speciale dei vescovi sul Medio Oriente che si è aperto in Vaticano, parteciperà anche il rabbino David Rosen, direttore del Dipartimento per gli Affari interreligiosi dell’American Jewish Committee e consigliere del Gran Rabbinato di Israele. Il contributo di ciascuno è fondamentale per far sì che il Medio Oriente diventi una casa, accogliente e sicura, per tutti. L’importante è puntare sul dialogo, per conoscersi e farsi conoscere, e aprirsi all’altro con coraggio e determinazione.
Rabbino Rosen, su cosa porrà l’accento nel suo intervento al Sinodo?
«La cosa principale da capire è la realtà in Israele: una società democratica, che non è perfetta come democrazia, ma nella quale il cristianesimo può vivere bene, può crescere. Il mio contributo servirà anche a far apprezzare il contributo di Israele per la comprensione interreligiosa, con la speranza che il cristianesimo stesso possa contribuire alla pace».
Alla luce degli eventi che si sono verificati anche negli ultimi giorni in Terra Santa, che prospettive reali vede di convivenza pacifica tra israeliani e musulmani?
«Non si sa mai. C’è la possibilità di andare avanti solo se ci sono abbastanza determinazione e coraggio».
Quali sono i principali ostacoli ad una convivenza pacifica?
«L’ostacolo principale al dialogo è che la gente è preoccupata per la sua stessa vita, nel quotidiano, e non sente la necessità di aprirsi all’altro. Questa è una visione ristretta delle cose, non ampia e non a lungo termine, ma è naturale. Il grande limite, il grande ostacolo, alla pace tra Israele e Palestina, è la mancanza di fiducia reciproca. La seconda Intifada ha distrutto questa fiducia incredibile che si era costruita prima».
Il dialogo può davvero contribuire alla pace?
«Il dialogo non è lo stesso in ogni luogo e nemmeno la religione è la stessa. In Medio Oriente la religione è collegata all’establishment politico e perciò, per definizione, non è profetica, perciò non sfida la struttura politica, ma non significa che non ha rilevanza, nel processo di pace. Infatti se i politici non coinvolgono i religiosi, non ci sarà la pace».