Cop28, lite sui combustibili fossili

Il bluff nel report finale dell’appuntamento diplomatico annuale più importante sul clima
COP28 U.N. Climate Summit, (AP Photo/Rafiq Maqbool)

Stupore, sgomento, rabbia. Nel pomeriggio di ieri 11 dicembre arriva – in forte ritardo – la bozza del report finale della Conferenza di Dubai Cop28 dove sono presenti quasi 200 delegazioni di Stati da tutto il mondo, compresa la Santa Sede. E scompare del tutto il termine Phase out. Si tratta dell’eliminazione progressiva delle fonti fossili (carbone, gas, petrolio). Parola chiave della Cop28. I poteri forti dei pochi paesi più ricchi di idrocarburi – in testa l’Opec, l’organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio – si sono compattati per fare muro contro l’eliminazione, sostituendola con la diminuzione dell’uso delle fonti fossili.

La comunità scientifica mondiale e le organizzazioni internazionali sottolineano l’urgenza di eliminare nei prossimi decenni dalle economie degli Stati queste fonti inquinanti. È l’unica alternativa all’innalzamento della temperatura nel mondo.

La strada è ancora in salita. Il documento oggi, giorno di chiusura della Cop28 dovrebbe essere approvato all’unanimità ma se non si trovano soluzioni, si rischia che si negozi ad oltranza. Il presidente della Cop28 Sultan Al Jaber aveva promesso un accordo storico, paragonabile alla Cop21 del 2015 a Parigi. Ma dopo la bozza finale l’entusiasmo è calato in profondo sgomento.

L’Unione Europea nei giorni scorsi aveva fortemente spinto per il phase out. Oggi il ministro per l’Ambiente olandese, capo negoziatore per l’Ue minaccia di andarsene se passa la linea delle fonti fossili.

Riunioni e negoziati proseguono alla ricerca di convergenze e compromessi che possano portare a un consenso unanime sulla bozza che ha diviso i 197 Paesi più l’Ue.

Quindi nella bozza del documento finale non compare l’addio a carbone, petrolio e gas ma solo la necessità di una loro riduzione profonda. Sarebbe confermata l’indicazione di triplicare la capacità di energia rinnovabile e il raddoppio dell’efficienza energetica al 2030. E tra le tecnologie a zero e a basse emissioni su cui accelerare c’è anche il nucleare e su questo punto esulta il governo Meloni che spinge su questa strada.

«Non sono né sorpreso né preoccupato dal possibile epilogo – afferma al Sir Leonardo Becchetti, ordinario di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata – nel senso che se si organizza la Cop28 in casa dei Paesi petroliferi è chiaro che l’influenza in quella direzione sarà più forte.
Da questo punto di vista è anche preoccupante che la Cop29, la prossima, sarà a Baku, in Azerbaigian, che è un altro Paese leader nelle fonti fossili e il cui monumento più importante sono le Flame Towers, due grattacieli a forma di fiamma, quella del gas e quella del petrolio».

«Ma neanche sono tanto preoccupato», aggiunge il docente, secondo cui «noi sopravvalutiamo i risultati dei vertici. Sono sì importanti, perché indicano una direzione; però poi quello che conta sono i comportamenti degli Stati, delle imprese e anche quanto i fenomeni meteorologici che viviamo ci spingono in una certa direzione». «Credo che queste forze continueranno ad esserci», prosegue Becchetti, rilevando che «il mercato ormai ci dice che le rinnovabili sono di gran lunga il modo meno caro di produrre energia. L’impegno che stanno prendendo i Paesi di triplicare energia prodotta da rinnovabili è realizzabile; questo non perché sarà deciso dall’alto ma perché sarà determinato dal mercato».

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