Contro i sindaci sceriffo
«Avvocato di strada» e «Karmadonne», sono associazioni coraggiose nate di recente per difendere “chi non è difeso”. Gli indifesi sono sempre molti se pensiamo ai clochard, agli homeless che vivono nelle nostre strade, che hanno per materasso i cartoni. Che dormono sotto i portici o nell’atrio dei palazzi di città. E che durante il giorno cercano di raccogliere qualche spicciolo dai passanti, per potersi fare il panino e il quarto di vino.
Ebbene «Avvocato di strada» e «Karmadonne», erano sorte in difesa dei clochard perché a Carmagnola, comune della cintura torinese, la sindaca nel novembre 2016 aveva emesso un’ordinanza di divieto di accattonaggio generico emessa, che prevedeva tra l’altro anche una multa verso chi chiedeva l’elemosina senza provocare alcun disturbo. Va ricordato che l’accattonaggio molesto è già un reato perseguibile dalla legge mentre l’ordinanza del sindaco di Carmagnola andava a colpire direttamente chiunque chiedesse la carità.
In merito c’era già stato il parere contrario del Consiglio di Stato, ma l’ultima parola restava al presidente della Repubblica, che ora ha accolto il ricorso straordinario proposto dalle associazioni contro il documento del primo cittadino. L’ordinanza era contro chiunque chiedesse l’elemosina, e non solo in modo molesto. Nella decisione notificata dal capo dello stato, si specifica che chi chiede la semplice carità non provoca alcun pericolo.
Alessandra Ballerini, legale dei ricorrenti, è contenta «che venga stigmatizzato l’atteggiamento di quei sindaci che, anziché preoccuparsi di combattere la povertà nei loro Comuni, puniscono i poveri. Per di più attraverso ordinanze, da utilizzare solo per emergenze e non certo per colpire gli indigenti. Va ricordato che la solidarietà è uno dei principi fondamentali della nostra democrazia, sancito anche dalla Costituzione. Come associazioni nate per difendere gli ultimi era nostro dovere proporre il ricorso straordinario al Capo dello Stato, perché venisse dichiarata l’illegittimità di una simile ordinanza».
Soddisfatti lo sono anche tutti coloro che si adoperano in vario modo per portare un briciolo di aiuto a chi è in condizioni di povertà assoluta. Contro i tanti sindaci sceriffo, tutti appartenenti allo stesso schieramento politico, che governano tante nostre città, si alza da parte di molti cittadini un nuovo fronte di protesta, non urlata, non appartenente ai partiti politici ma solamente al partito della solidarietà e dell’accoglienza.
È di questo mese la notizia di quanto successo a Lodi, dove una discriminazione burocratica è diventata discriminazione vera. La sindaca leghista imponeva con una ordinanza, a chi richiedeva uno sconto, sulle tariffe mensa e scuolabus, in base al reddito, non la sola certificazione Isee, ma la dichiarazione di nullatenenza dei paesi di origine per i cittadini non italiani. Figuriamoci la disperazione in cui sono precipitate le famiglie provenienti da paesi del sud del mondo. In parole povere hanno rinunciato a produrre documenti impossibili, e contestualmente anche al servizio mensa (5 euro a pasto) e al trasporto in scuolabus (210 euro a trimestre). Così in una scuola che per dettato costituzionale dovrebbe essere inclusiva, hanno prevalso disuguaglianza ed esclusione.
Ma ancora una volta una gara di solidarietà, messa in moto prontamente dai cittadini del lodigiano con tanto di raccolte e di sensibilizzazione, ha permesso che tutti i bimbi che si vedevano rifiutato il cibo e il trasporto sullo scuola bus potessero tornare presto in regola. In pochi giorni infatti sono stati raccolti i fondi per pagare pasti e trasporto ai bimbi più indigenti. Segno che anche in tempi bui molte persone sono ancora capaci di restare umane.