Contro i genitori
«Penso che un genitore debba esercitare la propria responsabilità nell'offrire al figlio indirizzi di vita e, se serve, una opportuna correzione. Ma quando un figlio esprime, con le sue critiche, il bisogno di rivedere obiettivi e metodi, si può valutarle come una opportunità per maturare le proprie capacità educative?».
A.B.
I figli crescono e introducono continue novità nella vita di famiglia.
I genitori devono compiere grandi sforzi di comprensione e accoglienza. Nonostante questo, può arrivare il momento in cui il “no” del figlio, che prende una strada diversa da quella mostrata, rischia di rompere la relazione. Ma un genitore può andare al di là del dolore inferto da quel “no”, può cercare di non difendersi e non aggredire. Può sforzarsi di cogliere il bisogno vero del figlio, oppure aiutarlo a capire le sue responsabilità, che non gli vanno tolte perché gli competono. Se il suo “no” è di tipo adulto, e non un passeggero “no” infantile, l’atteggiamento più efficace da parte dei genitori è spostare l’attenzione dalla propria sofferenza alle scelte del figlio. I conflitti più aspri nascono, infatti, quando in un genitore o in entrambi si fa strada un sentimento di “lesa maestà”, che toglie spazio al dialogo e irrigidisce i ruoli.
Vale la pena in questi momenti dolorosi, dove i genitori si sentono delusi e falliti, ricordare che ogni dolore è un’occasione per guadagnare una posizione mentale e spirituale più avanzata. Nel momento del conflitto bisogna vigilare per distinguere i contenuti (le diversità di pensiero) dalla relazione (che deve restare una relazione d’amore), così da purificare con l’amore ogni diversità.
Il vero metodo educativo è creare le condizioni perché emerga la verità dell’altro, eliminando conflitti e pretesti. In ogni attimo presente la carità, nel dialogo tra genitori e figli, va ricercata, perché possa avvenire ciò che più volte ho sentito testimoniare con queste parole: «È la carità che mi ha fatto scoprire la verità che era in me».