Contradittorio come (lo è) il mondo

La riflessione di un non credente sulla figura di papa Benedetto XVI alla luce delle sue dimissioni
Benedetto XVI in visita a Londra

La scarsa informazione di certi giornalisti del mio paese, l’Austria, si rispecchia nella mancanza di qualità dei loro commenti sulla rinuncia del papa alla sua carica. Il fondo lo tocca un giornale liberale di sinistra che si prolunga sulla mancanza di carica erotica del giovane Joseph Ratzinger (Standard, 22 febbraio 2013). Questa rottura di tabù, o mancanza di rispetto, mette invece in luce proprio il significato di quest’avvenimento così sorprendente: un papa che si dimette mostra i limiti della sua condizione fisica e il suo indebolimento. Il commentatore ha quindi addirittura ragione: si tratta di una persona in carne e ossa che ha anche una dimensione erotica. Come mai sia quest’ultima (la mancanza di essa) ad ispirare l’autore del commento, esula dalla mia trattazione.

Non sono in grado di giudicare fino a quali conseguenze Benedetto XVI abbia considerato le implicazioni della sua decisione. Secondo me, non credente e quindi esterno a questo mondo, ha cambiato in maniera irreversibile l’immagine del papa. La semplice cognizione che il personaggio più alto della Chiesa cattolica sia un uomo come te e me non influenzerà la sola “funzione” del papa. Porterà presto o tardi, spero, la Chiesa cattolica a riconoscere che essere uomini vuol dire essere in due, uomo e donna, e potersi incontrare nella chiesa e nella società come persone di pari diritti e doveri. Potrebbe essere infine d’aiuto per superare una morale sessuale dura di cuore ed estranea alla vita, che ha fatto e fa ancora patire molta gente.

In quanto alla politica ecclesiastica, Benedetto XVI è annoverato tra le forze conservatrici, probabilmente a ragione; lascia quindi un’eredità difficile. È però anche l’uomo che, seguendo le orme di Giovanni Paolo II e vedendo la strumentalizzazione della fede nel giustificare guerra e violenza, ha voluto dare chiari segnali per la pace e il dialogo. Il suo pellegrinaggio per la pace ad Assisi, al quale sono stato invitato assieme ad altri tre non credenti nell’autunno 2011, è stato una testimonianza coraggiosa di fronte alla guerra in Medio Oriente ritenuta inevitabile. Segnala ristrettezza d’idee il fatto che nella percezione del papa che si dimette non venga sottolineato il messaggio di pace del suo pontificato. E non si tratta solo di una dimensione politica. La chiesa che ho visto durante la mia breve permanenza in Vaticano e ad Assisi, è alla ricerca del suo posto nel mondo secolarizzato dove – nonostante lo splendore che riesce a dispiegare – è pur sempre una minoranza. È quindi una chiesa in transizione, che si dibatte e cerca.

Certamente ci sono forze di non poco peso che, per mantenere i privilegi tradizionali, vogliono continuare a vedere la Chiesa dalla parte del potere e della grande finanza. Nella stessa Chiesa vi sono però altri che vivono la loro spiritualità sulla base del Vangelo e sono, quindi, obbligati all’opzione per i poveri, gli emarginati, i diseredati. In questa sua contraddittorietà interna la Chiesa assomiglia al mondo nel quale opera. C’è da sperare – sia per la prima che per il secondo – che abbiano la meglio le forze che vogliono plasmare un mondo più sicuro, pacifico e giusto, nel dialogo tra gli uomini di buona volontà.

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