Contractors e guerre in affitto
«L’umanità, che si vanta di andare avanti nella scienza, nel pensiero, in tante cose belle, va indietro nel tessere la pace. È campione nel fare la guerra. E questo ci fa vergognare tutti». Così papa Francesco qualche giorno fa, il 17 febbraio 2022, all’incontro non a caso con le Chiese orientali.
Siamo campioni nel fare la guerra: già, ma come si fa la guerra oggi? Non sto parlando del perché (che sarebbe un altro capitolo), e neppure di chi la vuole o di chi ne subisce le conseguenze (un tragico capitolo ulteriore). Ma del come: Chi spara o chi addestra a sparare?
È un aspetto che tante persone non conoscono o al massimo ne hanno sentito vagamente parlare. Per fare la guerra, si sa, ci vogliono soldi (pecunia est nervus belli, diceva Cicerone), ce ne vogliono tanti, ma oggi più che in passato basta avere quelli. Perché le armi si comprano sempre più facilmente, e gli eserciti si noleggiano. È la guerra in affitto, detta elegantemente guerra per procura (proxy war). Gli eserciti nazionali sono molto costosi e per diversi motivi si cerca di ridurne il dispiegamento nei conflitti: ai tempi del Vietnam i servizi militari privati nelle fila statunitensi erano circa il 20% delle forze in campo; in Afghanistan e in Iraq sono arrivati al 50%. Oggi la percentuale data in appalto tende a crescere. Le compagnie militari private tutto incluso, le Pmc (Private Military Company), si sono molto sviluppate ed anche evolute rispetto alle Compagnie di ventura o ai Lanzichenecchi!
Non è difficile trovarle e servirsene (ed eventualmente promuoverle e sponsorizzarle), ce ne sono ormai parecchie sul mercato, a varie latitudini e per molte tasche, basta mettersi d’accordo. Le Pmc, oltre a costare meno, sono meno impegnative. Per esempio: se c’è una strage di civili, si può sempre dire: “io non c’entro, è colpa dei contractors”. Ma c’è anche di peggio.
Un esempio famoso di 15 anni fa, per dare un’idea, è quello della Pmc statunitense Blackwater (si dice che oggi addestri 35 mila nuovi contractors all’anno, anche se ha cambiato più volte nome). Il 16 settembre 2007 un gruppo di fuoco della Blackwater sterminò a Baghdad, in piazza Nisour, 17 iraqeni (quasi tutti civili, compresi 2 bambini). Nel 2015 per insistenza di un certo Joe Biden, all’epoca vicepresidente Usa, i 4 contractors responsabili della strage, tutti statunitensi, vennero condannati: tre di loro a 30 anni di carcere e uno all’ergastolo. Salvo che qualche anno dopo, nel 2020, un certo Donald Trump, all’epoca presidente Usa, li graziò e disse che erano dei patrioti ingiustamente perseguitati. No comment e fine dell’esempio.
Di Pmc note ce ne sono oggi almeno una settantina, ma sono certamente di più. La maggior parte sono di origine statunitense e britannica, pare, ma non mancano gruppi sudafricani, israeliani, canadesi, russi e perfino cinesi. Non sono più troppo “nazionali”, però, e quindi piuttosto sfuggenti. Ufficialmente spesso non esistono, o se esistono non si capisce bene chi le ha “assunte” e soprattutto è quasi impossibile provare chi c’è dietro e le sponsorizza. Si sa, ma non è facile dimostrarlo.
Per fare un esempio molto attuale e discusso: il Wagner group (con personale prevalentemente russo e serbo, sede forse in Argentina, uffici di rappresentanza, team di addestratori o contingenti attivi in decine di Paesi del mondo), che l’Ue ha recentemente (dicembre 2021) sanzionato sia in materia di diritti umani violati che per situazioni specifiche in Libia (a sostegno di Haftar), Siria (con Assad) e Ucraina (con i separatisti del Donbass). Per dare un’idea della diffusione in Africa, il Wagner group sarebbe presente soprattutto in Sudan, Madagascar e Centrafrica, ma anche in una ventina di altri Paesi “caldi”, ultimo dei quali in ordine di tempo il Mali (a sostegno della giunta golpista, che naturalmente nega). Per i pagamenti accettano volentieri, tramite aziende collegate, concessioni minerarie o lo sfruttamento per un certo tempo di altre consistenti risorse presenti nel Paese committente.
Un altro noto gruppo di contractors, simile ad una Pmc ma più esplicitamente legato ai committenti, è quello filoturco presente in Libia a sostegno del governo di Tripoli (quindi schierato contro il Wagner group), con reclutamenti prevalentemente in Siria fra dissidenti e jihadisti della zona di Idlib. La presenza di questo contingente di contractors “siriani” è stata determinante (anche perché dotato di micidiali ed efficienti droni di fabbricazione turca) nel respingere l’attacco a Tripoli dell’esercito della Cirenaica, al comando del generale Haftar, nel 2019.
Il discorso sarebbe molto più ampio, ma quello che in certo modo sconcerta, alla fine, è l’idea che la pace si possa stabilire solo (ribadisco: solo) gestendo “professionalmente” la guerra. Papa Francesco, nell’incontro del 17 febbraio 2022, ha fatto questa considerazione: «Sembra che il premio più grande per la pace si dovrebbe dare alle guerre: una contraddizione! Siamo attaccati alle guerre, e questo è tragico».