Contraccettivi e disagio giovanile

La polemica sui distributori di profilattici istallati in un liceo di Roma. Ma altre sono le domande e le esigenze dei giovani.
A che serve la scuola?

Il liceo scientifico Keplero è il primo istituto romano a istallare nei bagni distributori di preservativi, mettendo in pratica la mozione, approvata nel giugno 2009 dal Consiglio provinciale, per la campagna di sensibilizzazione dei giovani all’uso dei metodi contraccettivi.

 

Una mozione, presentata dal gruppo della sinistra, è stata approvata dal consiglio provinciale di Roma. Il testo votato impegna il presidente della Provincia, Nicola Zingaretti, a installare «nei locali o nei pressi delle scuole di istruzione secondaria superiore, in accordo con gli organi di direzione delle stesse, distributori automatici di anticoncezionali». Il testo è stato approvato con 18 voti favorevoli (16 Pd, 2 sinistra), 7 contrari (Pdl, Udc) e un astenuto (La Destra).

 

In contrasto con il voto del proprio partito, un parere favorevole alla mozione è stato espresso anche dal vice ministro alla Salute Ferruccio Fazio (Pdl) e dal responsabile Sanità del Pdl stesso, Cesare Cursi. Nell’altro schieramento, la decisione di installare i distributori è stata invece giudicata “discutibile e poco opportuna” dall’assessore all’istruzione della Regione Lazio, Silvia Costa (Pd).

Insegno in un istituto superiore della provincia di Roma, e la notizia risulta come una bomba nel mondo della scuola. Mi accorgo ogni giorno della libertà che hanno i nostri giovani in materia di educazione sessuale; si fanno corsi all’interno delle scuole, preoccupati, giustamente, delle conseguenze di un percorso che molto spesso “brucia le tappe”.

 

Sono gli adolescenti che rischiano il tutto e subito, senza aspettare, invogliati dai mass-media, specialmente dalla tv , da Facebook che è diventato un luogo affollatissimo dove ci si scambiano emozioni e desideri. Tutto e subito. E la scuola interviene installando  le macchinette per “proteggere” i nostri ragazzi, i nostri figli, dal sesso poco sicuro. Poca cosa rispetto ad un fenomeno che sta esplodendo sotto gli occhi di tutti: aggiungerei anche fumo, droga, alcol…

 

Che facciamo  noi adulti? A scuola, tranne in rari casi, non si parla, non c’è dialogo vero tra studenti e insegnanti. Noi ci limitiamo ad esporre le nostre discipline, ad interrogare. In fondo è il nostro lavoro. I ragazzi dovrebbero studiare. Ma non si va oltre. Dinanzi ad un disagio giovanile altissimo non abbiamo strumenti e mi azzardo a dire anche competenze. Pochi sono i progetti, perchè sono pochi i soldi che passa il ministero, che affrontano le tematiche dell’affettività e quelle “altre, alternative”.

 

Una piccola esperienza di oggi: durante la settimana dello studente (corsi di poker, briscola, dj, musica, danza), 25 ragazzi di tante classi hanno seguito il corso “libero” organizzato da me  su “Fraternità e sviluppo dei Paesi del sud del mondo”. Molti hanno scoperto per la prima volta cos’è il donarsi, che significa ascoltare e dialogare con lo straniero. Mi hanno ringraziato. Attentissimi hanno seguito e fatto domande competenti. «Quando sarò più grande vorrei fare volontariato», una di loro mi ha detto. I nostri giovani hanno tante domande da farci, hanno sete di cose vere, di conoscenza.

 

Rimane la tristezza che si tiri in ballo la scuola per pulirci la coscienza di fronte ai tanti drammi sociali, come quello dell’Aids, inserendo macchinette nelle scuole. Meritiamo altre e “alte” risposte e soluzioni.

 


 

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