Contemplazione sotto gli alberi
Da sempre gli alberi hanno affascinato gli uomini di tutte le culture, lingue e tradizioni. Antichi miti li collegano alla stessa creazione del mondo. Alberi particolari erano venerati come sacri o contrassegnavano luoghi di culto pagani. Anche nella religione ebraica queste creature vegetali vengono considerate spesso in relazione con Dio: basti pensare al ramoscello d’olivo annuncio del cessato diluvio, al ricino disseccato in cui il profeta Giona riconosce la misericordia di Dio, al cedro del Libano a cui viene assimilato il vero credente… Nelle parabole e detti di Gesù, poi, abbondano iriferimenti agli alberi e alle piante, visti come segno di una realtà superiore. Tutta la natura, infatti, nella sua bellezza e rigoglio, è dono di Dio, trasparenza di Dio, Ho gran desiderio di conoscere la natura. Ma non da scienziato naturalista, bensì secondo quella profondità di senso, che lascia presagire nel mistero della natura. È una profondità che si dischiude solo nella dimensione religiosa… che cosa sia un albero, diverrebbe chiaro solo quando divenisse chiaro come esso scaturisca dal pensiero e dalla potenza tanto creativa quanto amorosa di Dio”. “Oggi spira di nuovo il vento… Una grande ondata passa attraverso gli abeti. Si leva un mormorio prima sommesso, si fa più forte, ancor più, s’abbassa, e tutto torna calmo… Come il grande soffio si leva, da lungi, s’avvicina, sempre più presso, non si fa più debole, persiste sostenuto, e nella sua violenza che aumenta si sente un arco così indicibile, di forza, di spazio, da una lontananza, attraverso il luogo dove io sono, verso un’altra lontananza”. “Con i loro meravigliosi tronchi, con le loro chiome, ora si stendevano nello spazio e ne traevano la forma di piccoli mondi; ora si lanciavano in alto come colonne, come fonti sprizzanti di magnificenza viva; ora si spingevano fantasticamente scagliati nell’aria”. “Noi riteniamo talvolta che gli alberi ci siano familiari, ma la familiarità è, comunque, certo un’apparenza. A me è accaduto spesso di atteggiarmi così, e d’un colpo solo scompariva l’inganno che mi fossero noti. Là v’era l’essere davanti a me totalmente estraneo; scendendo giù nella terra, edificato all’insù nell’altezza; protendendo all’infuori braccia strane, immote; tranquillo, senza linguaggio e senza difesa”. “Cedro… quando lo sguardo scivola su quell’enorme chiazza che è il suo tronco, percepisce la sua forza e sente la sua grazia, allora sopravviene il rispetto. E la consapevolezza che quest’albero non sta “nel giardino”, ma in uno spazio a sé. In una sfera, dove stanno le cose grandi. Quelle da cui il Santo assume suoi segni, quando gli piace di scegliere veste e metafora da immagini dell’altezza sovrana”.