Conte, tempi stretti per il Piano di rilancio italiano

Terminata la fase consultiva degli Stati generali, il governo Conte deve definire il Recovery plan dell’economia italiana da presentare in sede europea. Il momento decisivo delle scelte strategiche tra opzioni radicalmente alternative per il vero piano di rilancio
Piano di rilancio. Foto presidenza consiglio

Negli ultimi giorni degli Stati generali di Villa Pamphili, terminati domenica 21 giugno, il presidente del consiglio Giuseppe Conte ha incontrato anche una delegazione dei giovani di Friday for future, non si sa con quale criterio di rappresentanza di una realtà fluida nata nelle piazze pre pandemia, i portavoce dell’Alleanza contro la povertà  e di Next, nuova economia per tutti, assieme alla Lega contro la vivisezione, ma anche cantanti e attori, ecc.

Un piano di rilancio

Insomma non si può dire sia mancata la volontà di ascoltare le diverse voci della società italiana. Anche con audizioni non previste dal programma ufficiale. In 10 giorni si è trattato, come ha spiegato lo stesso Conte, di esporre agli invitati gli obiettivi programmatici del piano di rilancio del governo. «Una politica economica e sociale molto articolata» con «circa 187 tra mission e singoli progetti studiati con i ministri e già condivisi con i gruppi parlamentari di maggioranza».

Incontri a villa Pamphili
Incontri a villa Pamphili

Ad ognuno degli interlocutori è stato chiesto di dare «suggerimenti su queste proposte, valutazioni e critiche. Se sono critiche costruttive ci aiuteranno a migliorare questi progetti, se invece sono critiche negative, più radicali, ci consentiranno di fermarci un attimo a pensare e valutare, sarà uno stress test per valutare se davvero quel progetto riterremo di continuate a portarlo avanti».

Una grande apertura che si associa,tuttavia, alla necessità di muoversi velocemente, perché l’intenzione è quella di iniziare già nella settimana dal 22 al 27 giugno «a ricavare la versione finale del piano di rilancio dell’azione del Governo». Un quadro generale dal quale dovrà estrapolarsi «il Recovery Plan italiano su cui chiederemo i finanziamenti all’Europa e che presenteremo a settembre».

Si tratta delle puntuali riforme strutturali che l’Italia dovrà dimostrare di mettere in atto per poter ottenere, dal 2021, i finanziamenti a fondo perduto e i prestiti che verranno definiti dalla trattativa in corso nel Consiglio europeo.

Nel frattempo, la crisi morde e l’esecutivo dovrà presentare un nuovo decreto urgente di scostamento del deficit di bilancio per almeno 10 miliardi di euro per far fronte alle necessità di chi, in questa crisi imprevista, è rimasto, o rischia di rimanere, senza alcuna risorsa per andare avanti.

I partiti di opposizione hanno rifiutato di rientrare nel giro delle consultazioni di villa Pamphili, («un’ inutile passerella» secondo Berlusconi)  ma il primo confronto del governo dovrà avvenire, nelle vie istituzionali, con tali forze politiche che puntano ai risultati attesi delle elezioni locali di settembre. Appuntamento ai seggi associato al referendum confermativo sul taglio del numero dei parlamentari. Una scadenza destinata a trasformare profondamente la rappresentanza politica assieme alla legge elettorale che verrà approvata.

Segnali di nervosismo si fanno sentire all’interno dei  5Stelle e del Pd, le 2 principali forze di maggioranza che non riescono a trovare il momento giusto per fare i loro “stati generali”, necessari a ridefinire identità e linea politica da seguire dopo scissioni, abbandoni e cambio di maggioranza.

Insomma, ad inizio di questa anomala estate 2020 ci troviamo proiettati immediatamente a settembre, mese di presentazione anche della Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (Nadef) sugli obiettivi programmatici in continua variazione.

Come ha detto, infatti, il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ad inizio degli Stati generali, «la migliore strategia per il breve termine è quella di mettere a punto un buon piano per il medio-lungo periodo». Anche perché, citando Keynes , «nel lungo periodo saremo tutti morti».
Sempre, secondo Visco, ci troviamo davanti ad un quadro di grande incertezza («quest’anno, si registrerà a livello globale la più diffusa diminuzione del reddito in termini pro capite dal 1870») con noti problemi strutturali (in Italia «la popolazione di età compresa tra 15 e 64 anni si ridurrà di oltre 3 milioni nei prossimi quindici anni»). Anche se il nostro Paese presenta anche alcune particolarità interessanti: «Il debito netto con l’estero è oggi pressoché nullo. La ricchezza reale e finanziaria delle famiglie è elevata e il loro debito è tra i più bassi nei Paesi avanzati». Ovviamente si tratta delle “famiglie” come un dato complessivo che evidenzia la diseguaglianza esistente tra le classi sociali.

Questi giorni sono perciò decisivi per capire come verrà disegnato il nostro futuro. Non solo come Italia. Parlando agli industriali, Conte ha detto che in caso di mancanza di risposte adeguate «potremo certificare il fallimento del mercato Unico, dei pilastri dell’Ue. Salterà tutto, il mercato Unico, il trattato di Schengen, salterà la protezione de benessere dei cittadini europei, delle imprese, delle famiglie».

Tra i diversi interlocutori, Confindustria dimostra di avere ben chiara e definita un’idea organica di programma con il saggio “Italia 2030. Proposte per lo sviluppo”, un denso testo di interventi coordinati da Marcello Messori, direttore della School of European Political Economy della Luiss.

Per avere un piano altrettanto completo, bisogna leggere il rapporto Sbilanciamoci che da anni viene proposto da un gruppo di associazioni e esperti. Anche il portavoce di Sbilanciamoci, Giulio Marcon, è stato ascoltato a villa Pamphili con l’insieme di proposte alternative in gran parte a quelle dell’organizzazione degli industriali.  Se questi puntano a reintrodurre la liberalizzazione dei contratti a termine e i voucher, le realtà sociali e ambientaliste spingono per ridurre l’area del precariato che è la prima fonte di incertezza e instabilità economica di persone e famiglie.

Da una parte si punta sulle grandi opere da sbloccare semplificando le procedure autorizzative, dall’altra ad un grande investimento di interventi mirati sui territori, dal trasporto pubblico alla cura del dissesto idrogeologico.

Ma, su tutto, la differenza più netta riguarda la presenza attiva dello Stato dell’economia. C’è chi come l’economista di Forza Italia, Renato Brunetta, parla di una tendenza strisciante del governo verso la sovietizzazione, mentre lo stesso Conte ha messo le mani avanti nell’incontro con le organizzazioni datoriali per dire che non esiste alcun pregiudizio ideologico nei confronti delle imprese: «Non abbiamo una concezione collettivista della produzione o statalista dell’economia. Non ci appartiene, non è nella filosofia della linea politica economica di questo Governo e non accarezziamo neppure un modello cripto-dirigista in campo economico».

Una linea diversa da quella espressa dall’economista Mariana Mazzucato che lo stesso Conte ha scelto come consigliera economica. Per la studiosa dell’ University College London, lo Stato non può ridursi ad intervenire solo come «risolutore dei fallimenti di mercato», tipo il caso Ilva, ma è l’unico soggetto in grado di poter investire «in modo “paziente”, strategico e di lungo termine» come leva per una vera ripresa.

Dilemmi che saranno necessariamente sciolti a breve , mentre il dibattito sembra concentrarsi, invece, sulle esternazioni relative alla riduzione selettiva dell’Iva per aumentare i consumi. Una scelta onerosa che appare alternativa ad un quadro di intervento strutturale della riforma fiscale che tutti gli interlocutori vedono, dai rispettivi punti di vista, come prioritaria.

Bisognerà, pertanto, prestare attenzione al quadro generale e ai singoli capitoli delle riforme che realmente saranno adottate nel piano di rilancio che il governo è tenuto ad elaborare in questi giorni.

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