Contador e tutti gli altri
“Un dramma sportivo in ventuno atti, nel più bel teatro del mondo, coi più suggestivi e pittoreschi scenari, innanzi a milioni di spettatori sparsi per tutte le strade”. Dipingeva così il Giro d’Italia Armando Cougnet, padre fondatore della corsa rosa. Aveva ragione. Il Giro è finito e si è tuffato, ieri, a Milano, nell’abbraccio della gente. Un saluto ed un arrivederci al 2016 con un velo di malinconia a riempire i pomeriggi di una calda primavera.
3.501 km di corsa da San Lorenzo al Mare (Im) fino alla città meneghina. Nel mezzo tutta l’Italia a dare ragione e la maglia rosa ad Alberto Contador (Tinkoff-Saxo), 32 anni, da Pinto, interland di Madrid. Contador come Coppi ed Indurain nella speciale classifica assoluta dei vittoriosi nelle gare a tappe di tre settimane. Contador dopo Gimondi e prima di Anquetil nella ancora più prestigiosa classifica dei fenomeni in grado di vincere il Giro d’Italia, Tour de France e Vuelta di Spagna. Contador dopo Nairo Quintana nell’albo d’oro del Giro, campione-stratega in grado di agguantare la maglia rosa senza mai vincere una tappa.
Era già successo nel 2008. Un Contador campione forse più umano dei ciclisti extraterresti anni ’90. Ci ha fatto piacere sapere che lo spagnolo ha scalato il terribile Mortirolo battendo il suo record personale, ma ci ha fatto tremare i polsi sapere che nel 1996 Contador avrebbe preso due minuti e mezzo in cima alla salita. Il resto è storia nota: una guerra a colpi d’archibugio con Fabio Aru (Astana) ed il compagno di nazionalità, ma non di squadra Mikel Landa (Astana). Una spalla lussata ed una crisi superata da campione al penultimo atto sul Colle delle Finestre.
L’Italia arriva seconda (Aru), vince nove tappe (Viviani, Formolo, Ulissi, Tiralongo, Boem poi bis Modolo ed Aru), conquista la maglia bianca del miglior giovane (Aru), la maglia azzurra del miglior scalatore (Visconti) e quella rossa della classifica a punti (Nizzolo). Vinciamo pure la maglia nera dell’ultimo classificato con Colendan, ma il regolamento non la prevede dal 1951. A vincerla allora fu Giovanni Pinarello.
La storia però come spesso succede non guarda in faccia le regole e allora grazie ai nostri smartphone abbiamo immortalato Coledan fermo a bordo strada pochi metri prima del traguardo di Sestriere nell’attesa del tedesco Kluge. Obiettivo? Difendere il primato al contrario con la squadra che chiude un occhio per la violazione del regolamento che impone una multa di 500 franchi svizzeri perché: “"I corridori devono difendere sportivamente le loro possibilità. Sono vietati ogni intenzione o comportamento tendenti a falsare o nuocere all'interesse della competizione".
Ultimo tra le righe, ma vincitore alla pari e forse più di Contador, Tsgabu Grmay, 23 anni, ciclista della Lampre-Merida. È il primo etiope a prendere parte ed a concludere il Giro d’Italia con un onesto 91esimo posto a 4h20’33’’ da Contador.
Tsgabu ha corso con addosso gli occhi di una nazione e dei suoi “fratelli etiopi” meno fortunati oggi in Italia. Viene da Mek’ele, cittadina di 170mila abitanti situata a 2.400 metri d’altitudine, 700 km a nord di Addis Abeba. Papà gommista appassionato cicloamatore, il fratello Solomon già nella nazionale di ciclismo. Tsgabu è arrivato a Milano dopo aver ammesso le sue fatiche per dire ancora una volta che anche l’Africa può andare in bicicletta.