Consumatori o cittadini?

Mentre lo Stato promuove misure di austerità per uscire dalla crisi, gli spot in tv incitano al successo facile.
Illustrazione di Vittorio Sedini e Raffaele Cardarelli

«Il Pil misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci di tutto sull’America, ma non se possiamo sentirci orgogliosi di essere americani».
(Robert Kennedy, Università del Kansas, 18 marzo 1968)
 
Un amico, che ha trascorso alcuni anni in Pakistan, mi ha raccontato questo aneddoto. Ogni giorno le donne di un villaggio locale dovevano percorrere alcuni chilometri, con un’anfora sulla testa, per prendere l’acqua da un pozzo. Un’organizzazione internazionale fece costruire un pozzo accanto al villaggio. Poco tempo dopo, il nuovo pozzo fu devastato e reso impraticabile. I primi sospetti caddero su alcuni gruppi di al-Qaeda che operavano nella regione, poi sugli uomini del villaggio. Ma si scoprì che il pozzo era stato danneggiato dalle donne che andavano ogni giorno a prendere l’acqua. Il motivo? Il nuovo pozzo aveva cancellato quella lunga, massacrante camminata: il loro unico momento di libertà!
 
Nei talk-show televisivi e nei convegni, esperti giornalisti, politici ed economisti, indicano le azioni necessarie per uscire dalla crisi: taglio dei costi pubblici, comportamenti solidali e senza sprechi (car-sharing,  consumi sobri), e così via. 
Ma alcuni spot come quello del SuperEnalotto (“lasciatemi sognare!”), gestito dai Monopoli di Stato, costruiscono una cultura di matrice opposta.
Tempo fa, il quotidiano La Stampa intervistò Luca Tiraboschi, direttore di Italia 1, il canale televisivo che registra l’audience più alta tra i giovani italiani. Alla domanda: «La sua è una rete rivolta ai giovani, lei si pone un problema educativo?», la risposta fu: «No, qui si fanno trasmissioni in cui mettere pubblicità. Noi garantiamo agli investitori circa tre milioni di spettatori mentalmente giovani».
Dal Pakistan all’Italia, una proposta innovativa sarà accettata e praticata, solo se coerente con la cultura del Paese.
Quindi, direttive e leggi tese a risolvere questa crisi culturale, saranno inefficaci senza il contributo di tutti gli operatori della comunicazione, soprattutto dei “grandi persuasori”.
Sarà un’impresa difficile. Quasi quanto costruire un pozzo in uno sperduto villaggio pakistano.

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