Consigli di pace per un paese spaccato
Alle 15,00 di lunedì 10 aprile si sono chiusi i seggi e, da quel momento, è iniziata una delle attese elettorali più rocambolesche dell’Italia democratica. Una lunga notte; e qualche consiglio, che viene dalle cose stesse, la notte lo ha portato. Il primo. La maggioranza dei seggi alla Camera è stata assegnata sulla base di una piccola differenza di voti, poco più di 25 mila, che hanno fatto scattare il premio di maggioranza: 340 deputati all’Unione di Prodi: per il centrosinistra, alla Camera, vita tranquilla; o, almeno, le difficoltà non verranno da fuori. La musica cambia al Senato: pur avendo una maggioranza più evidente di quella del centrosinistra alla Camera, il centro destra riceve 155 seggi contro 154 del centro-sinistra; e quest’ultimo potrebbe ottenere una risicata maggioranza solo grazie al voto degli italiani all’estero e ai senatori a vita. In queste condizioni, non ci potrà essere stabilità; la legislatura al Senato si potrà facilmente trasformare in un lungo calvario. Calvario già annunciato da due episodi. Il primo: non si capisce come il centro-sinistra abbia potuto esultare alle 3 di mattina per la vittoria alla Camera, senza una parola per la difficile situazione al Senato. Se questo oscuramento delle difficoltà e travisamento della realtà è il preludio di quanto ci aspetta nel corso della legislatura, la situazione è davvero triste. Come cittadini, non abbiamo alcun bisogno di esultanze di piazza, ma che ci sia il rispetto della verità e che essa ci venga sempre detta. Il secondo: il centro-destra ha annunciato che chiederà una verifica dei voti: se la strada che la Casa delle libertà vuol percorrere è quella dei ricorsi e dei veleni, non farà che peggiorare la situazione di tutti noi. Sotto gli occhi di tutti è una verità evidente, ma che spesso non si vuole ammettere: le regole sono necessarie, ma non sufficienti per far funzionare la democrazia: ci vuole una cultura dell’unità della nazione, ci vuole la capacità di vivere un reciproco rispetto civile. Secondo consiglio: imparare a scegliere gli amici. L’alleanza tra radicali, socialisti di Boselli e singole personalità in uscita dai Democratici di sinistra ha avuto una enorme eco nei giornali più grossi, cioè in testate quali Corriere della Sera, Repubblica, Stampa. Nonostante questo, la Rosa nel pugno ha ottenuto un risultato molto scarso: il 2,6 per cento è molto al di sotto di quello che socialisti e radicali avevano preso, separatamente, nelle elezioni precedenti. Ora dicono che la loro presenza è stata determinante per la vittoria del centro-sinistra; non ne sono affatto convinto; a mio parere, al contrario, la presenza dei radicali ha fatto perdere voti alla coalizione di Prodi; voti prevalentemente di cattolici che sono andati, in gran parte, all’Udc, che infatti aumenta, e di molto, senza togliere voti ai propri alleati. Valeva la pena di imbarcare i radicali? Dobbiamo aspettarci una offensiva potente da parte di questo blocco ideologico, che ha trovato una accesa espressione proprio in quel Corriere della Sera che lo scorso anno, durante la campagna referendaria, ha deformato sistematicamente la realtà delle cose. Abbandoniamo le cattive compagnie. Terzo consiglio. Alle 3 di mattina, ai sostenitori radunati a piazza SS. Apostoli a Roma, Prodi, tra altre cose, ha anche detto parole che, se messe in pratica, aprirebbero una prospettiva importante: «Da domani bisogna che insieme portiamo avanti l’Italia. Dobbiamo unificare il paese; non possiamo più tollerare i cinque anni di divisioni che ci sono stati». Queste parole di Prodi potranno subito essere messe alla prova, dato che, a partire dalle prossime settimane, ci troveremo davanti a precise scadenze istituzionali, quali l’elezione delle massime cariche dello stato: i presidenti della Repubblica, del Senato, della Camera. Altrettante occasioni nelle quali, seppure in modo diverso, ognuno potrà dimostrare se veramente intende cercare quella collaborazione concreta anche con gli avversari che, sola, può unificare il paese.