Conflitto indo-pakistano sul riso basmati

Da anni è in corso una vera guerra del basmati, il famoso riso dal profumo inconfondibile proveniente dal sub-continente indiano, fra i due maggiori produttori: India e Pakistan
conflitto basmati
Riso basmati (Foto Pexels)

Il nome “basmati” significa ricchezza di aroma e fragranza e deriva dal sanscrito vasaymayup (vasay: aroma; mayup: intriso). Questioni etimologiche a parte, può essere importante sapere che ancora nel 2019, l’India, con una produzione pari al 65% di quella mondiale, risultava il Paese maggior produttore al mondo di questo tipo di riso. Al Pakistan spettava il rimanente 35%. Ma anche altri paesi, soprattutto in AsiaSri Lankae Indonesia –, ma anche in AfricaKenya – da tempo reclamano una produzione locale di questo tipo di riso. Tuttavia, quando si parla di basmati per gli intenditori ed amanti di questo tipo di cereale è chiaro che si tratta soprattutto di un prodotto delle pianure del Punjab, una zona molto ricca di acqua (il suo stesso nome significa “terra dei 5 fiumi”), che si divide fra India (Punjab orientale) e Pakistan (Punjab occidentale). Altri stati indiani, tuttavia, garantiscono una discreta produzione di almeno una delle numerosissime varietà di questo riso: Uttarakhand, Jammu and Kashmir, Himachal Pradesh, Delhi, Haryana, e Uttar Pradesh. Nel 2001 l’India, con l’appoggio del Pakistan, aveva vinto la causa per l’esclusiva del termine “basmati”, che da allora può essere utilizzato solo per il riso coltivato in questi due Paesi. Ma se quella prima battaglia fu combattuta di comune accordo, successivamente i due Paesi sono venuti ai ferri corti anche per il riso, oltre che per contenziosi ben più gravi e potenzialmente pericolosi. Negli ultimi tempi sembrava che la questione del basmati fosse stata appianata, per riemergere, tuttavia, recentemente, a causa di tensioni che coinvolgono anche l’Unione Europea.

Il centro dell’attuale contenzioso è, infatti, l’Europa, a cui guardano sia i due Paesi asiatici che gli esportatori in generale come un terreno di conquista per la commercializzazione di questo prodotto.

L’11 settembre 2022, la Commissione europea ha pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale la domanda di registrazione della denominazione “Igp Basmati” presentata dall’India. La normativa prevede che entro tre mesi dalla pubblicazione le autorità di uno Stato membro o di un paese terzo oppure ogni persona fisica o giuridica avente un interesse legittimo e stabilito in un Paese terzo possono presentare alla Commissione una notifica di opposizione. Il Pakistan ha così presentato ricorso in dicembre, a pochi giorni dalla scadenza.

Tuttavia, il problema si è ulteriormente complicato perché anche le riserie europee, che trasformano il riso semigreggio importato dal Pakistan, avrebbero intenzione di opporsi alla richiesta indiana. L’India, infatti, invia circa i 2/3 dell’intera importazione di basmati in Europa. Tuttavia, l’uso indiscriminato di pesticidi nell’agricoltura indiana ha creato non pochi problemi alla commercializzazione all’estero del prodotto proveniente dal gigante asiatico. Proprio per questo, negli ultimi anni, il Pakistan ha raddoppiato le sue esportazioni verso l’Europa arrivando fino a 300 mila tonnellate nel 2020. Nonostante tutto questo, secondo alcune proiezioni, quest’anno l’export di basmati dall’India potrebbe crescere del 15% rispetto all’anno scorso: diversi paesi del Medio Oriente, infatti, già provati dall’esperienza della guerra in Ucraina, cercheranno di aumentare le loro scorte anche se i prezzi sono aumentati. A conferma di questa sensazione, i dati del ministero del Commercio di Delhi indicano che nella prima metà dell’anno fiscale 2022-23 le esportazioni di basmati sono aumentate dell’11%.

In questa situazione, l’attuale problema si concentra sul fatto che è necessario stabilire le specifiche di quello che è definito e registrato come “basmati”. In questi giorni, l’agenzia governativa indiana Food Safety and Standards Authority of India ha specificato gli standard, che saranno applicati a partire da agosto. Essi fissano, tra le altre cose, le dimensioni medie, l’allungamento dei chicchi dopo la cottura e la concentrazione di amilosio e acido urico. Se queste indicazioni non saranno rispettate, non si potrà parlare di riso basmati.

«Ciò stabilirà pratiche eque nel commercio di basmati e proteggerà gli interessi dei consumatori», ha affermato con un messaggio su twitter il ministro indiano della Salute e del Welfare familiare, Mansukh Mandaviya. Proprio questa decisione e comunicazione sono però destinate a riaccendere le polemiche con il vicino Pakistan, che già in passato si era opposto al riconoscimento per il riso indiano di un’indicazione geografica protetta (Igp) da parte dell’Unione europea

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