Conflitto e cooperazione
È scomparsa nei giorni scorsi Elinor Ostrom, prima donna a ricevere il premio Nobel per l'economia. Riproponiamo un articolo realizzato in occasione dell'assegnazione dell'ambito riconoscimento
Perché un grande produttore di gomme, si fabbrica in casa la corda d'acciaio che serve a produrre le sue gomme, ma compra i pasti per mensa degli operai da un'impresa di catering invece di cucinarli da sé? E perché quando andiamo in pizzeria con un gruppo di amici e paghiamo “alla romana”, di solito spendiamo di più di quanto non avevamo intenzione di spendere? Questi sono due temi che per quanto diversi tra loro, sono accomunati da un fatto: il comportamento che osserviamo, l'esito finale delle nostre scelte è il frutto di una tensione ineliminabile tra conflitto e cooperazione.
La produzione e lo scambio di beni economici sono attività che per loro natura originano varie forme di conflitto di interesse. Tra l'imprenditore, per esempio, che vuole ottenere il massimo della produzione pagando meno possibile il lavoratore, e quest'ultimo che al contrario desidera un salario alto e un lavoro non troppo pesante. O pensiamo al venditore che punta ad un prezzo di vendita elevato, e il compratore che invece spera di spendere il meno possibile. Simili conflitti si verificano anche quando la produzione di un certo servizio è finanziata dallo Stato o anche quando, più semplicemente, un gruppo di privati cittadini cerca un accordo su come gestire una proprietà comune. Chi di noi partecipa alle riunione condominiali sa di cosa parlo.
Se è vero che questi conflitti sono ineludibili è altrettanto vero che possono, anzi devono essere regolati. L'analisi di tali regole, del loro funzionamento e della loro applicazione è ciò di cui si occupa l'economia della governance, ambito di studi venuto oggi alla ribalta con l'assegnazione del premio Nobel per l'economia 2009 a Oliver Williamson ed Elinor Ostrom.
Williamson è un economista dell'Università della California, che nella sua carriera si è principalmente interessato al rapporto che esiste tra imprese e mercato. Perché alcune transazioni avvengono nel mercato e altre invece danno vita ad organizzazioni di livello intermedio come le imprese? Perché, in altre parole, a volte compriamo le cose, altre volte le produciamo? Sviluppando le idee originali del suo maestro, Ronald Coase, anche lui premio Nobel nel 1991, Williamson dimostra che dietro tale scelta possono esserci ragioni di efficienza. Quando infatti le transazioni sono molto complesse e quando il capitale fisico ed umano necessari sono fortemente specifici, allora sarà più conveniente che tali scambi avvengano all'interno di un'impresa. Nascerà allora un insieme di regole gerarchiche basate essenzialmente sul potere.
Elinor Ostrom, politologa dell'Università dell'Indiana, si è occupata invece delle proprietà comuni, di quei beni cioè cui più soggetti hanno accesso ma per i quali il consumo di uno riduce la possibilità del consumo di un altro. Si pensi, per esempio, ad un pascolo demaniale, alla pesca in uno stagno, al legname di un bosco, o più semplicemente al giardino del nostro condominio. In un primo tempo si era convinti che tali risorse fossero condannate ad uno sfruttamento eccessivo ed inefficiente, la cosiddetta “tragedia delle proprietà comuni”, per questo si era propensi a trovare una soluzione nella statalizzazione o nelle privatizzazioni. Gli sviluppi della teoria dei giochi, hanno invece fatto capire come anche in assenza di un controllo centrale, pubblico o privato, possano emergere regole di condotta che salvaguardino l'integrità del bene comune. Questa conclusione si è via via imposta all'attenzione anche grazie a innumerevoli esperimenti e lavori sul campo che hanno mostrato che la classica assunzione economica di egoismo autointeressato, nella realtà sembra essere più un eccezione che la regola. Per esempio si è visto che la gente è spesso disposta a punire coloro che trasgrediscono le regole anche se tale punizione è costosa. Altre volte tendiamo a chiudere un occhio davanti ad una piccola trasgressione pur di non esacerbare il conflitto. Può esserci capitato di sgridare istintivamente qualcuno che gettava una cicca di sigaretta in spiaggia o azzardava una manovra pericolosa in macchina. Spesso ne abbiamo ricevuto sguardi minacciosi o qualche insulto, eppure anche quel piccolo “sacrificio”, consente alle regole condivise di sopravvivere e di essere efficaci, ed in ultima analisi, alle proprietà comuni di non sparire, almeno non troppo velocemente.
Attraverso lo studio dei successi e degli insuccessi nella gestione di questi beni comuni, il lavoro della Ostrom, ci ha aiutati a comprendere meglio i processi attraverso cui le regole si formano e vengono fatte rispettare e, in definitiva, ha contribuito a legittimare uno spazio d'azione per le comunità, ritagliando tale spazio allo strapotere dello Stato, da una parte, e a quello del mercato dall'altra. Questo Nobel porta buone nuove, dunque, per la società civile, che spesso fatica a trovare regole e forme di organizzazione economica per dare voce e gambe alle iniziative di cui si fa promotrice.
Un'altra buona notizia è che la Ostrom è una donna, la prima donna della storia a vincere un premio Nobel per l'economia. Una “brutta” notizia, o forse proprio una non-notizia, è il fatto che anche quest'anno il premio sia andato a degli americani. Eppure l'Italia avrebbe tanto da dire su questi temi; la tradizione dell'economia civile, per esempio, nata proprio in Italia nel seicento e rivitalizzata proprio in questi anni, potrebbe offrire sicuramente una prospettiva originale ed interessante, se solo l'Italia credesse ed investisse nella ricerca…