Conflitti per le risorse
Nel vasto panorama delle tensioni e delle guerre nel mondo, al centro troviamo spesso la lotta per il controllo delle risorse. Non è casuale che il cosiddetto Mediterraneo allargato, dal Nord Africa al Medio Oriente, ricco nel sottosuolo di petrolio e di gas, sia percorso da colpi di Stato, da rivoluzioni e da scontri armati, in cui gli attori non sono solo locali, ma anche e spesso potenze straniere. È esemplare la vicenda turco-greca, che vede contrapposte non solo Atene e Ankara, ma anche altri Paesi.
Una decina di anni fa sono stati scoperti immensi giacimenti di gas e di petrolio nel Mediterraneo orientale con riserve stimate in 3.500 miliardi di metri cubi di gas. Di qui è partito il contenzioso sulle acque territoriali delle varie isole dell’area, in primis Cipro (da decenni divisa in due, la Repubblica di Cipro – membro Ue – e la Repubblica Turca di Cipro Nord) seguita dalle isole greche vicine alle coste turche. Nell’area offshore di Cipro sono interessate l’Eni italiana, la Total francese, l’Exxon Mobil e la Noble Energy statunitensi, la Kogas sudcoreana, l’olandese Shell, l’israeliana Delek, la Qatar Petroleum e la britannica BG. Dirimpettaie di quell’area e altrettanto cointeressate sono anche il Libano, la Siria e la Turchia, la quale ultima, forte della sua potenza militare e della sua posizione geopolitica, sta giocando una partita a tutto campo. La Turchia ha stipulato un memorandum con il governo libico di al Serraj (riconosciuto dalla comunità internazionale, Italia compresa), che non prevede solo il sostegno militare turco contro le forze del generale Haftar, sostenuto dalla Russia, dall’Egitto e dagli Emirati Arabi Uniti, ma anche un’intesa per un’area di giurisdizione marittima tra i due Paesi che offre ad Ankara nuove possibilità di sfruttamento dei fondali: Erdogan si sta preparando a un nuovo ruolo di superpotenza regionale.