Una Confederazione europea secondo Enrico Letta
L’Unione europea (Ue) secondo Enrico Letta, segretario del Partito Democratico (PD) ha l’ambizione di essere potenza di valori, proiettando i propri interessi e valori non attraverso la forza, ma attraverso le regole, la pace, la cultura, uno stile di vita e un modello di sviluppo unici. Tutto il contrario di ciò che sta succedendo in Ucraina, dove si scontrano due visioni antitetiche delle relazioni internazionali, appunto quella della potenza dei valori europei e quella di Vladimir Putin che alla forza della legge oppone la legge della forza, l’immagine di un mondo dove non c’è spazio per modelli alternativi al suo, dove una nuova politica di potenza è associata a un vecchio imperialismo. Del resto, i valori europei di democrazia e apertura, infatti, non sono messi sotto attacco solo dalle ambizioni di Putin, ma anche da trend politici, demografici ed economici con i quali è ora di confrontarci.
Letta sostiene che per essere potenza di valori, capace di difendere la pace, l’Ue ha bisogno di strumenti all’altezza delle sfide odierne e di una dottrina strategica che dia forza ai nostri principi. Oggi, in un momento storico caratterizzato dalla guerra in Ucraina e dalla pandemia, ci sono tutte le condizioni per portare il processo di integrazione europea a un nuovo livello, attraverso quelle che il segretario dem definisce le “sette Unioni”.
La prima sarebbe l’Unione in politica estera. Infatti, in risposta all’invasione dell’Ucraina, l’Ue ha subito dimostrato una forza mai dispiegata nell’ambito della politica estera, dando una risposta unitaria e immediata che dovrebbe diventare il nuovo modo di agire. Nel giro di poche ore sono state approvate sanzioni senza precedenti per intensità e portata. Come senza precedenti è stata l’unità europea: unanimità nelle procedure e anche nella condanna politica. Con la stessa unità, deve ora adottare misure per proteggere le nostre economie, compensando famiglie e imprese per le conseguenze delle sanzioni e mettendole quanto più possibile al riparo dall’inflazione.
La seconda sarebbe l’Unione allargata ai nostri vicini. Letta ritiene che accogliere oggi per integrare domani sia una priorità geopolitica per l’Ue. Da qui la proposta di costruire una Confederazione europea, una sorta di anello più largo che tenga insieme i 27 Paesi membri dell’Ue con i Paesi candidati all’adesione all’Ue. Senza annacquare i requisiti di un’adesione piena all’Ue, la Confederazione europea dovrebbe prevedere luoghi e momenti di condivisione delle grandi scelte strategiche dell’Europa, a partire dalla politica estera, la difesa della pace e la promozione della lotta al cambiamento climatico.
La terza sarebbe l’Unione dele politiche comuni di asilo. Infatti, se l’Ue ha gestito bene l’emergenza, ora deve dare una risposta strutturale al governo dei flussi migratori. Infatti, diversi Stati membri già avanzano obiezioni in funzione della differente natura tra chi arriva da Est e chi attraversa il Mediterraneo. È necessario che gli Stati membri trovino un accordo che concili solidarietà e opportunità.
La quarta sarebbe l’Unione dell’Energia. Poiché gas e petrolio ci espongono a una doppia vulnerabilità, quella geopolitica e quella climatica, è necessario accelerare sulla produzione di energia pulita. Questo non può avvenire senza una dimensione europea per una politica energetica comune. Il piano REPowerEU va nella giusta direzione, ma occorre fin da subito maggiore integrazione sulle dimensioni principali dell’Unione dell’energia: acquisti comuni, stoccaggi condivisi, integrazione delle reti e progetti di investimento coordinati.
La quinta sarebbe l’Unione della Difesa. Nello specifico, i nuovi sforzi in sicurezza e difesa, già concordati dagli Stati europei, devono accompagnarsi alla costruzione di una governance di ispirazione federale, riprendendo l’intuizione della Comunità Europea della Difesa. L’Unione della difesa sarebbe una scelta da compiere con determinazione, nonché l’unico modo con il quale possiamo costruire un’efficace sintesi tra l’esigenza di protezione e il bisogno di sviluppare la nostra identità di potenza di valori.
La sesta sarebbe l’Unione dell’Europa Sociale. Letta osserva che negli ultimi anni populisti e conservatori hanno minacciato perfino apertamente i capisaldi della democrazia e dello stato di diritto. Per rispondere a questa minaccia interna, è necessario rafforzare l’Europa sociale proseguendo il percorso avviato a maggio scorso con il Summit di Porto, a partire dagli sforzi per prolungare e rendere strutturale SURE, il piano europeo contro la disoccupazione.
La settima sarebbe l’Unione della salute, che garantisca a tutti i cittadini europei gli stessi standard di assistenza e benessere, superando differenze territoriali che rimangono scandalose anche solo all’interno dell’Italia.
Queste sette unioni non possono ovviamente prescindere da un ripensamento della governance economica europea. La proroga della sospensione del Patto di Stabilità non può trasformarsi in un alibi per posticipare ancora una volta una discussione seria affinché il Patto di Stabilità diventi il Patto di Sostenibilità, che consenta in maniera strutturale gli investimenti pubblici necessari alla transizione ecologica e al rilancio di un’economia sostenibile, in linea con la strategia di Next Generation EU.
Il segretario dem, poi, solleva il problema del diritto di veto, o meglio, dell’unanimità, laddove i veti degli Stati membri non permettono all’Ue di essere ancora più efficace nella sua azione. Letta osserva che il potere di veto è forse tra gli aspetti più paradossali dell’Ue nonché l’elemento principe della debolezza europea, ma è anche quello più utilizzato da alcuni leader nazionali per sentirsi illusoriamente forti. Tale idea non considera il fatto che il diritto di veto sia oramai connaturato alla dialettica politica tra gli Stati membri dell’Ue e, spesso, di fronte all’opinione pubblica degli Stati membri.
La proposta di una Confederazione europea è interessante ma, probabilmente, sarà anche l’unica a restare sulla carta. Infatti, qualsiasi Paese europeo che rispetti i valori dell’Ue illustrati nel trattato sull’Unione europea (TUE) e che si impegni per la loro promozione può chiedere di diventare membro dell’Ue.
L’articolo 2 del TUE disciplina la procedura dell’allargamento e definisce i criteri di adesione che sono stati definiti nel 1993 durante la riunione del Consiglio europeo di Copenaghen e sono spesso indicati come i criteri di Copenaghen. Questi stabiliscono una serie di condizioni democratiche, economiche e politiche per i Paesi che intendono aderire all’Ue, considerando istituzioni stabili che garantiscano democrazia, stato di diritto, diritti umani, nonché rispetto e tutela delle minoranze. Inoltre, il Paese che chiede di aderire deve dimostrare di avere un’economia di mercato funzionante e la capacità di far fronte alla concorrenza e alle forze di mercato all’interno dell’Ue. Ancora, uno Stato che voglia aderire all’Ue deve dimostrare la capacità di assumere gli obblighi risultanti dall’adesione – in particolare l’adesione agli obiettivi dell’Unione politica, economica e monetaria – e darvi seguito in modo efficace.
La proposta di una Confederazione europea ricalca quella di un’Unione a due velocità che, per l’appunto, non è nuova, avendo spesso discusso delle modalità per realizzarla. In una Ue a due velocità, nulla impedirebbe ad un nocciolo di Sati membri di decidere di proseguire con il processo di integrazione europea in certi ambiti piuttosto che in altri, senza pregiudicare il rapporto con gli altri Stati membri non aderenti.
Del resto, questa idea di un’Europa a due velocità è ascritta già in quella procedura che il Trattato di Lisbona identifica con il termine di cooperazione rafforzata. Formalizzare una cooperazione con Stati in via di adesione sembra davvero complicato, mentre definirla una confederazione europea richiama teorie dell’integrazione europea spesso contrastate. Se gli Stati che hanno fatto domanda di adesione all’Ue non sono mai mancati, talvolta è mancata l’unanimità degli Stati membri necessaria per avviare la procedura di adesione di un nuovo Paese e portarla a compimento. Certamente, l’adesione dell’Ucraina all’Ue, nonostante le parole roboanti e l’accelerazione mostrata da parte della Commissione europea, sarà un cammino irto di ostacoli come già accaduto con altri candidati.
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