Condannare o dialogare?

A proposito dell’articolo “Socialità umana e natura” di Elisa Copponi, apparso nel n. 6/2012. 
Il filosofo Rousseau

Relativismo «Emerge dall’articolo, secondo me, un ritratto benevolo, ottimistico, quasi agiografico di Rousseau, dichiarato ancora attuale e meritevole di costituire modello di approfondimento culturale. Ora, capisco che bisogna vedere il positivo in tutti, credo però che sia necessario distinguere, specie da parte di un periodico cattolico, le (possibili ed eventuali) utopistiche buone intenzioni del nostro Rousseau da una serie di errori oggettivi ed anticristiani contenuti nelle sue teorie, dimostratesi poi fallaci e disastrose alla luce degli accadimenti storici successivi.
«I suoi princìpi, assieme a quelli del suo valido compare Voltaire, costituiscono la base di tutto il pensiero illuminista e razionalista, poi totalitarista, a loro volta sfociati nel pensiero prima debole, eppoi relativista di oggi. Sue le seguenti parole: “Perchè il contratto sociale possa essere qualche cosa più di una formula vuota, bisogna tacitamente supporre che chiunque rifiuti di obbedire alla volontà generale, debba essere costretto a farlo dal complesso sociale. Questo vuol dire soltanto che egli sarà costretto ad essere libero (Contratto Sociale, I, VII)”.
«Tali idee hanno di fatto costituito il substrato filosofico e culturale delle tirannidi nazista e comunista, che hanno imperversato con i loro milioni di morti. Rousseau è ritenuto da alcuni anche fra i più coerenti teorici dell'intolleranza religiosa: lo Stato avrebbe il diritto e dovere di perseguire, in nome della volontà generale, coloro che non si adeguassero alla confessione prevista dalla legge. Città Nuova non ha proprio altri modelli culturali da proporre all’uomo di oggi?».

Giuseppe Capretti

 
Ridurre il pensiero di un autore (come Rousseau) o un fenomeno storico (come l’Illuminismo), ad un giudizio categorico di “assoluzione” o “condanna” sarebbe, come anche le sue riflessioni mi sembra suggeriscano, ingenuo e metodologicamente non corretto. Nell’articolo ho optato per una prospettiva non valutativa, ma problematica, indicando alcune domande, esigenze e piste di riflessione che il ginevrino ha posto all’attenzione dei suoi contemporanei e nostra. Il dialogo con i pensatori del passato ha significato e valore non solo per conoscere le loro risposte, ma anche per acquisire consapevolezza dalle loro domande (scopo dell’articolo è proprio suscitare questa sana curiosità) e, in dialogo con esse, cercare le “nostre” risposte, richieste dalla concretezza sociale, culturale e storica della nostra epoca. Questa mi sembra possa essere l’attualità di un autore. (e.c.)

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