Con le valigie pronte
Le valigie pronte. Il biglietto confermato. Malyne Guan- Nim era stata promossa ad un altro incarico: una brillante filippina di Manila, 39 anni, sposata con due bambine di 7 e 5 anni, psicologa e consulente. Concluso nel settembre 2000 un corso di formazione per incaricati di centri di accoglienza a Mindanao, aveva ricevuto un nuovo compito all’estero. Tutto pronto dunque per la partenza, “proprio quando arrivò una visita – racconta -: era un amico d’infanzia, un chirurgo conosciuto nella nostra provincia, di passaggio per una conferenza. Prima che partisse gli chiesi di dare uno sguardo ad una cisti del seno che mi faceva male quando mi stancavo. Quella visita mi parve durare un’eternità. Alla fine mi guardò. Conoscevo quello sguardo da anni, era lo stesso di quando doveva dirmi qualcosa di triste e serio. Per toglierlo dall’imbarazzo gli chiesi: “Sto per morire?”. Egli sorrise e poi parlò con me ed Arli, mio marito, spiegando che la cisti era grande e profonda. Avremmo dovuto fare immediatamente la biopsia e poi asportarla. Mormorai appena un grazie nel salutarlo. Dentro di me un gran subbuglio “. Mentre l’amico medico si mette subito in contatto con i suoi amici chirurghi in uno dei migliori ospedali del paese, Malyne corre in camera a guardare i bagagli pronti. “Mi sono sentita come attraversata dalla lama di un coltello, presa da un grande senso di pesantezza. Ho cominciato a piangere senza riuscire a fermarmi. Nella mia mente cominciava a girare un film in cui vedevo le mie bambine. Come sarebbero cresciute senza di me? Arli si sarebbe risposato? Vedevo pure un gruppo di medici che scavavano nel mio corpo e tutto questo mi terrorizzava. Ho cercato il telefono ed ho comunicato quanto avvenuto ad un’amica a cui tenevo molto: entrambe facevamo parte dei Focolari. Ha pianto con me ma poi mi ha detto: “Malyne, questo è il tempo di credere all’amore di Dio. Lo facciamo insieme”. È il toccasana. Non che la paura fosse scomparsa, ma il pensiero di un Dio che si prende cura di ognuno è per Malyne di gran conforto. Ed altrettanto lo è la condivisione che ar- riva anche attraverso e-mail e cellulare. “Mi sembrava di andare in guerra con la sicurezza di vincere – continua -. Ho capito perché i primi cristiani cantavano quando andavano verso i leoni per essere sbranati. Essi non avevano paura perché sapevano che Dio era con loro. Così nella mia mente cantavo mentre entravo in sala operatoria, tant’è che il medico che mi ha operata ha detto di essere stato aiutato dal mio sorriso”. Quel che succede in quella stanza d’ospedale ha qualcosa d’eccezionale. Palloncini colorati, visite, fiori sembrano annunciare una nascita più che una mastectomia; e così pure succede durante la convalescenza a casa. Malyne prosegue: “Poiché non potevo più lavorare, l’economia della famiglia si è ridotta drasticamente, e tuttavia non mancava nulla. I doni di coloro che venivano a trovarmi erano proprio ciò di cui avevamo bisogno. Così ho smesso di preoccuparmi, cercando solo di fare la sua volontà e prestare attenzione a coloro che m’attorniavano. Semplice da dire, non altrettanto da fare. Per me era una lotta quotidiana. Avendo una personalità abituata ad uno stile di vita attivo, era un peso rimanere a casa tutto il giorno, spesso da sola. Il cambio radicale della dieta, da carnivora a vegetariana, ha richiesto un grande adattamento, oltre agli effetti collaterali della chemioterapia, che comporta emotività e depressione. Inoltre si è più irritabili e si pretende di più dagli altri quando si è ammalati di cancro. Ma siamo chiamati all’amore, e l’amore del Padre per me in questo periodo si è presentato così forte che il minimo che potevo fare era corrispondere”. Proprio da qui nasce una sorta di vera e propria poesia che Malyne scrive in quel periodo. “In che modo posso amarti Signore, nonostante o grazie a questo cancro? Ti voglio bene quando mi sveglio al mattino e devo fare esercizi con il mio braccio destro, anche se è doloroso. Ti voglio bene quando mangio il cibo che sembra gomma, perché ho perso il senso del gusto. Ti voglio bene quando passo le bibite agli altri e chiedo solo acqua. Ti voglio bene quando chiedo aiuto per alzarmi, anche se questo mi umilia. Ti voglio bene quando cerco di combattere la nausea, ricordando tutti coloro che hanno bisogno di aiuto, e di offrire il dolore per le loro intenzioni. Ti voglio bene quando cerco di controllare la rabbia e perdonare la persona che mi ha offeso. Ti volevo bene quando i miei capelli hanno iniziato a cadere ed ho offerto ogni ciocca per le intenzioni di coloro che hanno chiesto preghiere. Ti volevo bene quando mi hanno dovuto isolare dalle mie bambine perché avevano l’influenza. Ti voglio bene quando cerco di combattere il senso di noia, rifocalizzando la mia attenzione ai bisogni degli altri. Ti voglio bene quando cerco di dimenticare il pensiero della morte per concentrarmi a vivere ogni momento presente alla tua presenza, testimoniando l’amore per te”. Essendo psicologa, Malyne è ben conscia che essere ammalati gravemente può determinare in una persona una profonda crisi. La malattia influenza le attività fisiche, psicologiche e spirituali. Per questo motivo aiuta sempre i suoi clienti ad acquistare una prospettiva globale della loro situazione, non trascurando la dimensione spirituale che ha una parte importante. “Dal momento in cui ho creduto che nonostante questo tumore Dio mi ama immensamente – continua -, la mia vita si è stabilizzata. Anche il dolore fisico è divenuto sopportabile, il tormento psicologico si è attenuato”. E molti sono i frutti di quest’esperienza. Qualcuno che aveva cercato di uccidersi ha ritrovato il senso della vita dopo aver parlato con Malyne; amici che non andavano in chiesa hanno hanno ricominciato a pregare; le sue bambine sono diventate più mature “Potrebbe sembrare assurdo – conclude -, ma ci sono momenti un cui ringrazio Dio per il mio tumore. Ho ricevuto la più grande lezione della mia vita: mi ha insegnato a essere paziente, a perdonare, a sviluppare la temperanza e la fortezza, ad amare più profondamente”.